Elezioni a Perugia, Vittoria Ferdinandi (centrosinistra) ha aperto la campagna elettorale al Capitini. «I giovani al centro della città»

Sul palco anche il sindaco di Verona Damiano Tommasi. Salute, sport, mobilità e pace i temi portanti

Vittoria Ferdinandi
di Luca Benedetti
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Lunedì 4 Marzo 2024, 08:25 - Ultimo aggiornamento: 08:28

In cinquantatrè minuti di fila Vittoria Ferdinandi candidata del centrosinistra per Patto Avanti (Pd, M5S, Avs, Demos, Civici) più  i federati di  Pensa Perugia, disegna la Perugia che vuol disegnare con il campo largo. All’Auditorium del Capitini neanche posti in piedi. Dentro c’erano tutti, da Bori a Laureti, da Pavanelli al candidato-gemello di Foligno Masciotti a Stefania Proietti, fino al sindaco di Spoleto Sisti.
Cinquantatrè minuti fila in cui cita Papa Francesco, Aldo Capitini, don Milani, Fabrizio De Andrè e chiusa con la Sera dei Miracoli di Lucio Dalla come colonna sonora.
Nessuna bandiera di partito, solo Anima Perugia e la sua rete che parte della Fontana Maggiore. Racconta il tema di bambina di terza elementare («diventare presidente del Perugia. Il Curi non sarà lo stadio che ci hanno presentato, ma un’altra cosa, aperta, ecologica e chiederemo a un grande del Grifo di aiutarci), la mamma in sogno la notte prima di dire sì alla sfida: «...portali a piedi verso il mare».
E il mare di una sfida complicatissima per riportare il centro sinistra a palazzo dei Priori, Vittoria Ferdinandi lo solca con un’idea chiara: mettere al centro della città i giovani.
Camicetta bianca, gilet nero, jeans, dal palco parla veloce e chiara al futuro: «La nostra idea di città ha al centro i giovani, una città sostenibile, solidale e aperta. Qui a nessuno dovrà essere negato un diritto. Ai nostri giovani dobbiamo offrire occasioni per restare, ne hanno troppe per fuggire. Partiamo dalla scuola, dall’università: quelle sono le imprese di futuro. Vogliamo che i nostri ragazzi vivano la scuola e l’università come luoghi dove si sta bene».
Indica un domani in direzione ostina e contraria dice di voler soffiare sulla speranza della città, non sulla rabbia.
Certo affronta i temi della sicurezza e della sanità che guarda dalla parte della salute con la sanità pubblica e universale. Sul palco a lanciarle la palla sulla cura e sui grandi temi, prima del suo intervento, lo psichiatra Marco Grignani, l’operaia della Perugina Simona Marchesi, Linda Di Pietro che parla di spazi abbandonati e di recupero eppoi Damiano Tommasi, il sindaco di Verona. «Sono volentieri qui- ha detto Tommasi-c’è bisogno di arrivare all’anima delle persone e della città. Sto sul palco ma vorrei stare all’altezza dei vostri occhi, perché da lì si capisce meglio. Ho vissuto, da calciatore, di vibrazioni, Vittoria può parlare al cuore della città».
Lo stuzzica Matteo Slovacchia che ha gestito il Dada-day con Giulia Zeetti. Il ricordo va al Perugia-Verona 1995-96, doppietta di Tommasi, poi 3 a 2 per il Grifo. Sorrisi e battute con l’augurio che Vittoria Ferdinandi diventi il Marco Negri della serie A di Galeone.
Applausi da stadio. E lei quando entra cita le parole di Paolo Vinti e la sua storica «con emozione altissima».
Ferdinandi vuole Perugia capitale dello sport. «Sono qui per la passione civica, per occuparmi de uno, dieci e centomila. Voglio un nuovo modello di amministrazione. Un Comune aperte. Che funzionino le consulte dimenticate. E ricucire il centro alle 52 frazioni. Una città con i quartieri al centro». Parla di buche («in campagna elettorale già tre forature e non è propaganda») dei marciapiedi e della mobilità come diritto. Per gli studenti, per gli anziani, per i disabili. «Serve una rivisitazione del costo dei parcheggi, servono collegamenti ferroviari cittadini, stop al consumo di suolo, puntiamo sulle comunità energetiche e sulla sicurezza investiamo nella polizia locale». Ha lanciato un appello alle donne perché si impegnino, ha parlato di lavoro e non precario «che ha già strozzato la mia generazione». L'ultimo passaggio è sulla pace e su Perugia città della pace.
Poi l’affondo: «Abbiamo meno di cento giorni per cambiare il destino di una partita che sembrava già scritto».

Finisce con gli applausi e lalacrimuccia in platea di qualche reduce.

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