Davide ucciso, la perizia che "scagiona" Fabbri: «Decesso non evitabile»

Il giudice per le indagini preliminari di Firenze riqualifica il reato passando da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo

Davide ucciso, la perizia che "scagiona" Fabbri: «Decesso non evitabile»
di Enzo Beretta
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Mercoledì 15 Febbraio 2023, 16:35 - Ultimo aggiornamento: 16:43

PERUGIA - Piero Fabbri è libero. L’assassino di Davide Piampiano, il 24enne ucciso l’11 gennaio durante una battuta di caccia al cinghiale alle pendici del Monte Subasio, ieri pomeriggio è uscito dal carcere di Perugia dove era rimasto recluso per venti giorni con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale. La risposta del medico legale Sergio Scalise Pantuso al pm di Firenze modifica radicalmente il quadro: la morte di Davide non era evitabile neppure se il muratore 56enne, (anziché inscenare presunti depistaggi e omissioni, ndr) avesse anticipato l’arrivo dei soccorsi. L’ipotesi di reato è stata riqualificata in omicidio colposo: il gip di Firenze ha scarcerato l’indagato imponendogli il ‘semplice’ obbligo di firma. «Sono finalmente libero ma ho la morte nel cuore - ha confessato Fabbri al suo avvocato Luca Maori appena fuori dalla cella del carcere di Capanne -. Porto dentro di me un enorme peso, questo grave fatto accaduto sarà la mia croce per tutta la vita. Ho commesso un’imperdonabile leggerezza ma non sono un mostro né un assassino».

«Questa decisione rappresenta un primo passo verso la ricostruzione dei fatti - è invece il commento dell’avvocato Maori che con Fabbri ha avuto un lungo colloquio terminato in serata -.

Come prima cosa, però, voglio ancora mettere davanti il dispiacere per la perdita di un ragazzo giovanissimo che non c’è più». Stando a quanto riferito dal legale i carabinieri impegnati nelle ricerche al Fosso delle Carceri nelle ultime ore hanno trovato il bossolo disperso dopo il colpo di fucile calibro 12 che ha centrato e ucciso Piampiano. 

«Al cospetto del compagno di caccia gravissimamente da lui ferito - scriveva il gip Piercarlo Frabotta che ne aveva ordinato l’arresto - l’indagato non ha fatto nulla per più di quattro minuti, non ha mai chiamato i soccorsi per tutti i 17 minuti dell’agonia di Davide e si è rimesso alle possibili iniziative dei propri interlocutori, nel frattempo occupandosi dell’alterazione della scena del crimine e percependo con i propri occhi che Davide si stava spegnendo a cagione delle devastanti lesioni, rimanendo immobile pur di fronte al dolore straziante lamentato dalla vittima, direttamente udito». Secondo il gip «se Fabbri si fosse immediatamente attivato chiamando il 118 e le forze dell’ordine vi sarebbe stata, con elevatissimo grado di probabilità, una concreta chance di salvare la vita al giovane Piampiano».

Proprio su questo punto la Procura fiorentina (che, ricordiamolo, ha ricevuto gli atti in quanto la mamma della vittima, Catia Roscini, è un giudice onorario del tribunale di Spoleto) ha posto domande dirette al medico legale. Forse la decisione del giudice è in quelle sedici righe consegnate da Scalise al pm Giovanni Solinas, interessato a conoscere «quale tipologia di soccorso e con quale tempistica era possibile attuare - nell’immediatezza - sulla persona offesa al fine di garantire una possibilità di intervento medico utile». Al consulente è stato chiesto, inoltre, «se il ritardo nel chiamare i soccorsi (4-10 minuti) abbia aggravato la situazione di Piampiano ovvero abbia influito sul suo decesso». Scalise risponde che dalle risultanze dell’autopsia è emerso che «il proiettile, nel suo tramite, ha oltrepassato in particolare il fegato che, macroscopicamente, presenta vasta lesione da scoppio causativa di rapida ed imponente emorragia; sono anche presenti lesioni renali a sinistra, correlate al proiettile e anch’esse causative di emorragia».

Per poi proseguire: «Le lesioni hanno determinato imponente perdita ematica con evenienza di rapido shock metamorragico che, oggettivamente, non poteva giovarsi di alcun intervento». Secondo l’esperto «il decesso non era evitabile né con intervento di qualunque genere, non medico, di chi era presente, posto che non era possibile alcuna forma di emostasi considerando le lesioni viscerali interne, né con eventuale anticipazione, di alcuni minuti, nell’arrivo dei soccorsi sanitari nella zona boschiva in cui i fatti si sono verificati». Con ogni probabilità la decisione del pubblico ministero, quindi del giudice che ha scarcerato Fabbri, è tutta qui, in queste sedici righe.

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