Foto hard della ex sui social, giovane di Assisi condannato a meno di 3 anni. La rabbia della vittima: «Pena mite, c'è chi si è tolta la vita»

Il tribunale penale di Perugia
di Egle Priolo
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Mercoledì 27 Marzo 2024, 08:35

PERUGIA - Profili hard a nome di una ragazza, vittima anche di minacce e stalking. Immagini intime finite in rete subito dopo la fine di una lunga storia d'amore. È per questo, con l'accusa di revenge porn, atti persecutori, diffamazione e simulazione di reato, che ieri un 26enne di Assisi è stato condannato a 2 anni e 10 mesi di reclusione e al pagamento di una provvisionale da 10mila euro. Il giudice Margherita Amodeo, infatti, ha chiuso così il rito abbreviato nei confronti del giovane che esattamente un anno fa era finito anche agli arresti domiciliari con tanto di braccialetto elettronico per aver «rovinato la vita» alla sua ex fidanzata. Che come parte civile, assistita dall'avvocato Laura Modena, aveva chiesto invece danni per 150mila euro, mentre il pubblico ministero Franco Bettini aveva avanzato un'ipotesi di condanna a 3 anni e 4 mesi.

Secondo la ricostruzione accusatoria, dopo la fine della loro storia - come ricostruito nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Angela Avila -, sui social erano spuntati gruppi con il nome della giovane seguito da “Hot”, profili con il suo nome sulla piattaforma social e messaggi hard con il suo numero di telefono in calce. Abbastanza perché la ragazza abbia avuto la necessità di un percorso terapeutico, tra angoscia e impossibilità di dormire. L'ex, però, si è sempre detto innocente. Ed estraneo rispetto a messaggi violenti e diffusione delle immagini, addebitando tutti i reati «a un presunto gruppo “criminale” - ha riassunto all'epoca il procuratore capo Raffaele Cantone - interessato alle vicende sentimentali della coppia» e che lo avrebbe aggredito per rubargli i suoi strumenti informatici ed estrapolare, per poi pubblicarle, le immagine intime della ragazza.

Proprio su questo punto infatti si è sviluppata la battaglia in aula: se una perizia ha smontato questa difesa (con il pm che infatti ha contestato anche la simulazione), il giovane – difeso dall'avvocato Delfo Berretti – ha comunque sempre sostenuto come certe immagini fossero in realtà in possesso di entrambi i ragazzi. E che quindi non ci fossero prove che sia stato il 26enne a diffonderle, quanto un terzo a cui magari è stata la stessa vittima a inoltrarle. «Siamo soddisfatti della sentenza – ha infatti commentato Berretti - convinti che la prova che sia stato lui a caricare i video non c'è. Ora aspettiamo le motivazioni per procedere con l'eventuale appello, con una decisione che comunque dà la possibilità di chiedere la sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità».

Ci sono invece rabbia e sconcerto da parte della vittima, che ancora non ha superato il dolore e la vergogna di quanto ha dovuto subire. «È stato riconosciuto colpevole e questo è un primo punto – spiega Modena -. Ma la condanna è francamente mite e alle vittime rischia di mandare un messaggio scoraggiante: è inutile denunciare, tanto se la caverà con poco. Il pm non può appellare perché si è fatto l'abbreviato e non c'è stata alcuna modificazione del titolo di reato. Mentre l'imputato può rinunciare all'appello e avere così uno sconto ulteriore di pena di un sesto». «Questo significa - conclude l'avvocato - che la pena resterà modesta pur a fronte di fatti di gravità inaudita. Per fatti analoghi c'è chi si è tolto la vita, non ce lo scordiamo».

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