Condannata maresciallo donna:
per i giudici non aveva diritto all'indennità di turno

Condannata maresciallo donna: per i giudici non aveva diritto all'indennità di turno
di Luca Benedetti
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Venerdì 22 Gennaio 2021, 08:36

PERUGIA Ha preso con lo stipendio l’indennità di turno, ma non ne aveva diritto. Così un maresciallo donna della polizia provinciale di Perugia è stata condannata dalla Corte dei Conti a risarcire l’Ente di piazza Italia con 2.950,62 euro.
Lo dice la sentenza numero 81 del 2020 pubblicata il 21 dicembre scorso dopo la camera di consiglio del 25 novembre. 
La sentenza la firma il presidente della sezione giurisdizionale dell’Umbria, Emma Rosati(collegio Rosalba di Giulio e Pasquale Fava).
L’indagine che ha portato alla condanna in primo grado del maresciallo Monia Mattiacci è stata effettuata dal Nucleo di polizia di polizia tributaria della Guardia di Finanza e si riferisce al periodo anteriore alla presidenza di Luciano Bacchetta.
Sono usciti dal processo, con il rito monitorio, due superiori del maresciallo che hanno pagato rispettivamente 400 e mille euro. 
Secondo l’accusa della Procura regionale della Corte dei Conti i dati raccolti dalla Finanza hanno dimostrato, nonostante la difesa del maresciallo abbia eccepito la correttezza del suo operato, come «dal riscontro dei tabulati delle presenze giornaliere, è emerso che la dipendente non ha svolto-nel periodo considerato- un orario lavorativo con distribuzione equilibrata e avvicendata dei turni...».
In particolare «le rilevazioni di presenza in formato elettronico sono, tra l’altro, risultate incomplete e spesso compilate a posteriori. In particolare, spiega la sentenza, è stata rilevata la mancanza agli atti dell’ufficio provinciale di gestione del personale dei cartellini di presenza mensili del 2013 , «mentre carenti di sottoscrizione risultano i cartellini di diversi mesi dal 2014 al 2017». 
Sovente, secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle, «in caso di mancata timbratura questa è stata inserita nel sistema tramite web, con l’approvazione dei dirigenti responsabili finanche in ritardo rispetto alle tempistiche richieste dalle disposizioni interne dell’ente e, nella maggior parte dei casi ciò è avvenuto per asseverare lo svolgimento di orari di turno pomeridiano». La procedura di timbratura a posteriori tramite web sarebbe stata più volte giustificata con la dimenticanza del badge.
Il rapporto della Finanza ha accertato, sottolinea la sentenza entrando nelle pecche del sistema che gestiva le presenze della Provincia di Perugia «che i software gestionali adoperati non erano pienamente in grado di riscontrare e incrociare il dato totale delle ore utili a usufruire dell’indennità di turno rispetto a quelle realmente liquidate al personale, né a verificare se negli orari pomeridiani dichiarati la dipendente avesse effettivamente utilizzato la sua postazione informatica».

Insomma un sistema che ha portato, secondo l’accusa, anche alla consapevolezza di quello che entrava in busta paga senza averne il diritto. Il collegio della magistratura contabile, infatti, spiega: «Per quel che attiene all’elemento psicologico non è revocabile in dubbio che la dipendente abbia percepito le somme - a titolo di indennità erogatele - nella piena consapevolezza che non le fossero dovute...»

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