Cassa di risparmio di Orvieto, il bilancio 2018 chiude con 32 milioni di perdite: la Fondazione vota contro

La Cassa di risparmio di Orvieto
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Sabato 13 Luglio 2019, 15:57
ORVIETO - Il bilancio 2018 della Cassa di risparmio di Orvieto chiude in rosso e viene approvato dall’assemblea dei soci con il voto contrario della Fondazione Cro - per la prima volta in assoluto - che certifica lo “strappo” definitivo con l’azionista di maggioranza, la Popolare di Bari. Una perdita pesante di 32,4 milioni di euro frutto di due operazioni straordinarie che hanno fatto precipitare un bilancio che altrimenti avrebbe chiuso in utile di circa 3,4 milioni di euro.
«Il bilancio evidenzia una perdita netta di 32,4 milioni (utile di 2,2 milioni nel 2017) - recita uno scarno comunicato diffuso dalla Popolare di Bari - sostanzialmente riconducibile all’integrale rettifica degli avviamenti ancora presenti in bilancio, pari a 30,9 milioni. Il bilancio evidenzia altresì rettifiche nette su crediti e perdite da attività finanziarie per 9,9 milioni (4,6 milioni nel 2017). Al 31 dicembre 2018 la Cassa di risparmio di Orvieto gestiva raccolta complessiva da clientela per 1,59 miliardi (di cui 1,05 miliardi rappresentano la componente diretta) ed impieghi a clientela, esclusa la componente rappresentata da titoli, per 0,93 miliardi. In miglioramento la qualità degli impieghi, con la componente deteriorata netta scesa su base annua dal 9,8% al 7,6% del totale dei crediti».

LE CRITICHE DELLA FONDAZIONE E’ il socio di minoranza, la Fondazione, a spiegare i dettagli dei conti approvati nell’assemblea di ieri e a criticare le operazioni straordinarie «decise e poste in essere dall’azionista barese - dice il presidente Gioacchino Messina - che lo hanno anche visto diretto ed esclusivo beneficiario». Le due operazioni riguardano «la svalutazione di un avviamento formatosi nel 2011, a fronte del conferimento di sportelli e di crediti effettuato in occasione di un aumento di capitale dalla Banca Popolare di Bari per 30,928 milioni di euro, mentre la Fondazione conferiva denaro in proporzione alla sua partecipazione, e la cartolarizzazione massiva di crediti deteriorati tra PopBari e Cro. La prima, ha generato una perdita di 32 milioni e la seconda di 5 milioni circa». «Entrambe le operazioni - scrive ancora Messina in una lettera aperta alla città - mi hanno profondamente sorpreso sia per la loro natura sia soprattutto per la loro funzionalità. Mi ha stupito, inoltre, la decisione di non evidenziare, in modo esplicito, nel documento sottoposto all’assemblea dei soci, i risultati della banca, ponendo, in giusta evidenza, i dati positivi della gestione tipica e le negatività generate dalle operazioni straordinarie, e non ripetibili. La svalutazione dell’avviamento è stata decisa sul presupposto che la banca è parte attiva di un piano industriale 2019-2023, unico con Popolare di Bari. Tale circostanza è smentita da fatti, la decisione di cedere la banca, noti ed avvenuti prima che il bilancio 2018 fosse approvato e depositato. La cartolarizzazione, invece, appare non utile in assoluto, come peraltro risultava dalle considerazioni già fornite, nel bilancio 2017, dall’allora presidente Ravanelli, oltre che da altre evidenze indicate dall’attuale organo».

MESSINA: BANCA SANA I risultati della gestione corrente fotografano tuttavia una «banca sana, con i ratios patrimoniali adeguati, con una qualità dei crediti in linea e in alcuni casi anche migliore di altre banche italiane più grandi e più blasonate», continua il presidente che torna a sottolineare la necessità di un piano industriale «adeguato al solo territorio della banca» a fronte di quelli «inadeguati e disattesi» degli ultimi anni sui quali la Fondazione ha iniziato una verifica a partire dai bilanci. Con queste premesse il 21 luglio l’attenzione si sposta sull’assemblea dei soci della PopBari, utile a capire quale sarà il destino della cassa orvietana pronta a essere acquistata per circa 60 milioni di euro dalla Sri Group. Nel recente incontro con i vertici della Fondazione, il ceo del gruppo Giulio Gallazzi non ha ancora scoperto le carte sulla composizione della cordata e sul profilo del partner bancario. «Mi auguro che, superato il vaglio soggettivo e l’esame del piano industriale sotteso all’ingresso nel capitale di Sri Group - conclude Messina - si delinei un periodo di trasparente fattiva collaborazione fra i soci. Se il nuovo azionista della Banca saprà comprendere le istanze del territorio, e in questo la Fondazione potrà svolgere uno specifico ruolo, e allo stesso modo se il territorio risponderà positivamente all’auspicato cambiamento, potremmo avere una nuova banca più efficiente, forte e più moderna».
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