PERUGIA - Il giorno della condanna dei super poliziotti accusati del sequestro di Alma Shalabayeva, a Perugia pioveva forte. Acqua fitta e pesante come la condanna letta in aula dal presidente Giuseppe Narducci: cinque anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici per Renato Cortese, l'uomo che arrestò Bernardo Provenzano, l'allora capo dell'ufficio immigrazione di Roma Maurizio Improta, e i colleghi Francesco Stampacchia e Luca Armeni, più i quattro anni per il poliziotto Vincenzo Tramma, i tre anni e mezzo per Stefano Leoni e i due anni e sei mesi per l'ex giudice di pace Stefania Lavore.
Ieri, invece, mentre nel palazzo del Capitano del popolo iniziava il processo d'appello, in piazza Matteotti splendeva il sole sopra la nebbia: quello che Perugia è capace di regalare alla città alta grazie alla sua tramontana spazzapeccati. E se c'è chi nel meteo sorridente ha voluto vedere un segno del vento che gira, di certo nell'aula Goretti il primo punto è andato alle difese. Il collegio presieduto da Paolo Micheli (a latere, Belardi e Venarucci) ha accolto le richieste più importanti avanzate dagli imputati, di fatto riaprendo l'istruttoria dibattimentale.
Si riparte infatti il prossimo 4 aprile, prima data di un calendario molto fitto e breve, con la sentenza possibile ben prima del nono anniversario del presunto sequestro di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa verso il Kazakhstan nel 2013 insieme alla figlia Alua.