Caso Shalabayeva, il super processo d'appello a Perugia riparte dai magistrati romani

Alma Shalabayeva
di Egle Priolo
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Martedì 18 Gennaio 2022, 07:09 - Ultimo aggiornamento: 07:17

PERUGIA - Il giorno della condanna dei super poliziotti accusati del sequestro di Alma Shalabayeva, a Perugia pioveva forte. Acqua fitta e pesante come la condanna letta in aula dal presidente Giuseppe Narducci: cinque anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici per Renato Cortese, l'uomo che arrestò Bernardo Provenzano, l'allora capo dell'ufficio immigrazione di Roma Maurizio Improta, e i colleghi Francesco Stampacchia e Luca Armeni, più i quattro anni per il poliziotto Vincenzo Tramma, i tre anni e mezzo per Stefano Leoni e i due anni e sei mesi per l'ex giudice di pace Stefania Lavore.

Ieri, invece, mentre nel palazzo del Capitano del popolo iniziava il processo d'appello, in piazza Matteotti splendeva il sole sopra la nebbia: quello che Perugia è capace di regalare alla città alta grazie alla sua tramontana spazzapeccati. E se c'è chi nel meteo sorridente ha voluto vedere un segno del vento che gira, di certo nell'aula Goretti il primo punto è andato alle difese. Il collegio presieduto da Paolo Micheli (a latere, Belardi e Venarucci) ha accolto le richieste più importanti avanzate dagli imputati, di fatto riaprendo l'istruttoria dibattimentale.
Si riparte infatti il prossimo 4 aprile, prima data di un calendario molto fitto e breve, con la sentenza possibile ben prima del nono anniversario del presunto sequestro di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa verso il Kazakhstan nel 2013 insieme alla figlia Alua.

La Corte, dopo oltre tre ore di camera di consiglio, ha accolto la richiesta delle difese di chiamare a testimoniare in aula l'ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, il pm Eugenio Albamonte e l'allora procuratore aggiunto Nello Rossi. No, invece, come chiesto dalla procura generale con Claudio Cicchella e il capo Sergio Sottani, alla testimonianza di Luca Palamara, bollata come «chiacchiere». «Questo è un processo - ha detto Sottani - che susciterà molta attenzione. Il clima in questo processo è cambiato e noi dobbiamo rimanere con il baricentro sui fatti». Non accolta dal collegio neanche la richiesta di acquisire agli atti le interrogazioni parlamentari sulla vicenda e le relative risposte, tra cui quella del deputato del Pd Carmelo Miceli alla quale ha risposto il sottosegretario all'Interno Nicola Molteni, ribadendo la posizione del Viminale sulla riabilitazione dei poliziotti che – secondo il ministero, ma anche il capo della polizia – avrebbero agito correttamente in quelle ore concitate del maggio 2013 quando Shalabayeva presentò un documento palesemente contraffatto, giustificando quindi la sua espulsione. La parola ora va ai giudici. E alla tramontana.

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