Imprese energivore al limite, aumenti fino al 500 per cento. Il caso di fonderie e panetteria

Una protesta contro il caro energia. Falò simbolico delle bollette
di Fabio Nucci
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Giovedì 27 Ottobre 2022, 07:21 - Ultimo aggiornamento: 07:22

PERUGIA C’è chi ha subito aumenti oltre il 500% o ha visto l’incidenza dei costi energetici sul conto economico salire dal 6 al 30%. Per le imprese il caro energia è una questione di sopravvivenza, ma anche di sostenibilità economica. Un fenomeno cui alcuni reagiscono stringendo i denti, altri eliminando i turni di notte per risparmiare almeno sull’illuminazione, le realtà più grandi riversando parte degli aumenti subiti sui prezzi di vendita. C’è anche chi in estate è riuscito a bloccare le tariffe ma per tutti, il rischio è azzerare i profitti 2022.
Il caro bollette, un peso notevole soprattutto per le cosiddette imprese energivore, dalle vetrerie alle cartotecniche, passando per le fonderie.

«Nel nostro caso l’impatto dei costi energetici sul conto economico è passato dal 6-10% al 30% - spiega Alvano Bacchi, presidente e amministratore delegato delle Fonderie di Assisi e delle Fonderie 3M di San Giustino – considerando che fondiamo a 1.300/1.500°. In condizioni normali ad Assisi la spesa annuale per elettricità e metano era di 4 milioni, quest’anno ne spenderemo 15. Non abbiamo potuto prendere contromisure particolari perché i forni vanno tenuti in funzione e con 300 dipendenti e un’azienda molto sindacalizzata non abbiamo potuto pensare a introdurre fasce orarie particolari per lavorare quando l’energia costa meno». In questo caso, la strada per fronteggiare gli extra-costi è stata obbligata. «Abbiamo cercato di ribaltare sui clienti parte di tale carico», aggiunge Bacchi. «In alcuni casi ci siamo riusciti, in altri meno ma se non avessimo avuto tale possibilità, l’azienda sarebbe stata in perdita netta. Il margine è stato compromesso in modo significativo nonostante gli aiuti dello Stato». L’obiettivo è superare indenni tale fase, confidando che l’attuale trend discendente delle tariffe energetiche possa consolidarsi nei prossimi mesi. «La priorità è tornare a costi di produzione sostenibili entro il primo trimestre 2023: la nostra azienda sostiene in media 40 milioni di euro annui per acquisti e quest’anno rispetto ai budget ha subito 2,4 milioni di costi aggiuntivi». Il rischio è compromettere la competitività. «Nel medio/lungo termine molti clienti cambieranno fornitore – aggiunge Bacchi – visto che alcuni mercati, vedi Portogallo o Danimarca, offrono condizioni più favorevoli e competitive rispetto alle nostre».
Situazione non troppo diversa nel comparto delle maioliche. «Consumiamo circa 10mila metri cubi di gas al mese il cui costo unitario è passato da 19 cent a 1,80 euro - spiega Nicola Tomassini di Ceramiche Deruta – subendo aumenti del 500% visto che la fattura mensile-tipo è passata da 5-6mila a 22-25mila euro. Abbiamo pensato a rifornirci con gpl ma investire oggi 50mila euro per rifare l’impianto e installare un bombolone è rischioso, non sapendo come evolverà il mercato. Il nostro lavoro è cambiato rispetto al passato: oggi si vive alla giornata, gli ordini non sono più a sei mesi/un anno, arrivano di mese in mese». Per chi lavora su commessa, il nodo è la sostenibilità degli ordini acquisiti. «Alcuni risalgono a febbraio e trattandosi di contratti conclusi, il cliente non riconosce aumenti», evidenzia Antonello Baccaille, Work Mec di Marsciano. «Per i nuovi stiamo adeguando i prezzi, ma non ci si può spingere troppo oltre. Per un’azienda come la nostra, con 24 addetti, la bolletta è cresciuta di 3-4 volte, da 4mila a 18/20mila euro al mese. Occorre realizzare 15mila euro di utile in più al mese, solo per compensare i maggiori costi energetici che insieme ai rincari delle materie prime hanno eroso già il 70-80% del margine». Quali contromisure? «Stiamo ragionando sulla possibilità di evitare turni notturni per risparmiare almeno su illuminazione e riscaldamento, ma il rischio è creare poi picchi di consumo durante il giorno».
Altro settore messo a dura prova è quello dei panifici, alcuni dei quali ancora oggi rischiano lo stop. «Grazie a un energy manager, a luglio abbiamo avuto la fortuna e la lungimiranza di bloccare i prezzi – racconta Silvia Duranti del panificio Santino di Perugia - altrimenti saremmo andati incontro alla chiusura, considerando i continui aumenti dei prezzi di tutte le materie prime.

Se ce la faremo, sarà solo perché abbiamo bloccato le tariffe di luce e gas: vedremo se queste aziende manterranno la parola».

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