Effetto Renzi, anche la Camera di Commercio riparte da zero

Giorgio Mencaroni presidente della Camera di Commercio di Perugia
di Marco Brunacci
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Lunedì 30 Dicembre 2013, 22:44 - Ultimo aggiornamento: 22:45
PERUGIA - Piaccia o no, il sasso in mezzo allo stagno stato lanciato e cerchi concentrici si diffondono sull’acqua, insieme a una sensazione di instabilit, di precariet, di incertezza per il futuro prossimo e remoto, che poi la cifra di questo momento della vita pubblica regionale.

Tutti hanno paura di sbagliare a leggere i segni, di non trovarsi nel posto giusto quando un qualche maestro di giochi fermerà la musica e bisognerà buttarsi sulla sedia più vicina. Sapendo che non ce n’è una per tutti. Il sasso è stato lanciato con le ultime primarie del Pd - da sempre in Umbria partito di governo - e l’effetto Renzi non ha solo destabilizzato alleanze consolidate ma anche reso scivoloso e pieno di insidie il percorso per stringerne di nuove. I vecchi - per età o autorevolezza - leader non riescono a tornare punto di riferimento, stentano a farsi seguire da truppe sempre più infide. Non è ancora il rompete le righe, ma in giro c’è un forte senso di straniamento.

Prendete la corsa per la presidenza della Camera di commercio di Perugia, uno degli ultimi enti con potere reale e relativa dotazione di fondi: si doveva stringere prima di Natale e invece tutto è in alto mare. Si riparte da zero. Il presidente uscente, Giorgio Mencaroni, ha le stesse possibilità di restare come di andare. Alle passate elezioni ha vinto di misura, facendo un bel dispetto ai suoi antagonisti, ma poi, da nocchiero esperto, doveva mediare e riunire. Per giudizio unanime non ci è riuscito. Ma soprattutto ci ha provato solo alla fine. Ha mantenuto il forte appoggio di Confcommercio, dove è leader indiscusso. O almeno lo era. Perchè negli ultimi giorni, tra un ”nego” e un ”giammai”, la ex senatrice Pd, Fioroni, un pensiero alla leadership potrebbe averlo fatto, altro che. Per ora una piccola crepa, ma potrebbe allargarsi. E’ pur vero, però, che se, sul fronte opposto, Confindustria punta i piedi e pretende per sè la poltrona di presidente della Camera di commercio, solo per non darla ai non amatissimi cugini si ricompatta lo schieramento pro-Mencaroni, che a quel punto risorge dalle sue ceneri e tiene lezioni di volo all’araba fenice. Di sicuro alla Camera di commercio non è più tempo per i regni incontrastati, sul modello Moretti o Ruozi Beretta o Cipiccia a Terni, ma il futuro è incerto.

La situazione in Confindustria è tutt’altro che serena: l’ultimo candidato espresso, Bianconi, non vede buoni motivi per non esser riproposto. E davanti al coniglio uscito dal cilindro (una signora che si occupa di sanità) in molti hanno fatto finta di non aver capito. Nelle altre associazioni c’è chi tenta di mediare: funzionerà l’uomo dei Molini popolari, che arriva dal mondo della cooperazione? Per ora, a sentire in giro, è stato cortesemente circondato di gelo e riposto nel comparto grande freddo. Qualcuno si ricorderà di sbrinare il frigo?

Un segno dei tempi è anche questo: vengono fatti circolare nomi impensabili fino a qualche tempo fa. Sarà per questo “effetto Renzi”, effetto rottamazione, novità per la novità, che c’è chi ha provato a coinvolgere il Re Mida del cachemire, Cucinelli. Ma non è cosa. I fans sono tanti, ma anche gli antipatizzanti. Sono venuti fuori allora i nomi dei due uomini del business umbro più brillanti della loro generazione, Marco Caprai e Eugenio Guarducci. Giovani, non giovanissimi, con curriculum precisi per innovare senza avventure. Ma prima di discutere serve qualche punto fermo. E invece tutto è precarietà, instabilità, incertezza. Un passaggio in terra ignota, che neanche lo Hobbit in persona sa come uscirne.
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