Scuola 2.0, primo esame di maturità

Scuola 2.0, primo esame di maturità
di Lorena Loiacono
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Giovedì 28 Maggio 2020, 01:36
Passerà alla storia come l’anno del Covid-19 che ha lasciato gli italiani con il fiato sospeso, in attesa di buone notizie, e gli studenti fuori dalle scuole, alle prese con la didattica a distanza. Ma potrebbe anche rivelarsi lo spartiacque tra la scuola del passato, quindi tradizionale e fin troppo statica, e quella del futuro. Un futuro decisamente prossimo. Perché l’appuntamento che non si può mancare è a settembre. Un primo test ci sarà il 17 giugno con l’esame di maturità, in formato ridotto e ad alta tensione: con una sola prova orale, si svolgerà con la mascherina e con due metri di distanziamento tra docenti e candidati. La volontà, comunque, di fare un esame in presenza, dopo le settimana in cui si pensava ad una prova on line. Un test per capire come preparare le scuole nei prossimi tre mesi. Tre mesi di tempo per organizzare un nuovo assetto, per riaprire gli istituti chiusi dall’inizio di marzo e dare nuova area alle classi. Una boccata di ossigeno all’insegna dell’innovazione. L’uso del digitale infatti, entrato prepotentemente nella vita degli studenti e delle loro famiglie con la didattica a distanza, andrà necessariamente potenziato per superare i disagi vissuti in questa prima fase. La chiusura improvvisa degli istituti è stata dettata da un’esigenza sanitaria: la scuola italiana ogni giorno accoglie qualcosa come 8 milioni di studenti, circa 900mila insegnanti e tutto il restante personale scolastico con cui si arriva a superare i 9milioni di persone. Fermandoli, si sono evitati assembramenti non solo nelle scuole, all’interno delle classi, ma anche nei cortili, all’entrata e all’uscita della scuola con i genitori fuori dai cancelli o sui mezzi pubblici.

INVERSIONE DI MARCIA
Quindi l’inversione di marcia dalla didattica in presenza a quella a distanza è stata imposta dalla pandemia ma di fatto ha messo in luce notevoli criticità: le scuole, semplicemente, non erano pronte. E non lo erano neanche le famiglie a casa. Secondo un recente studio dell’Istat, più di una famiglia su 3 non ha un computer in casa, la quota sale al 41% al Sud soprattutto in Calabria e Sicilia. Tra i problemi più frequenti ci sono anche la connessione inadeguata, la necessità di dover condividere il dispositivo con i fratelli che frequentano la didattica online o con i genitori, visto che anche mamma e papà spesso sono in smart working. «La scuola non era preparata a fare didattica a distanza ma ha fatto una corsa incredibile – ha spiegato la ministra dell’istruzione, Lucia Azzolina - la didattica a distanza non potrà mai sostituire quella in presenza ma è evidente che ci ha permesso di raggiungere gli studenti: abbiamo fatto investimenti economici, il nostro obiettivo era arrivare a tutti fornendo dispositivi. Prima abbiamo stanziato 85 milioni di euro, di cui 70 dedicati a Pc e tablet. Poi con fondi Pon abbiamo stanziato altri 80 milioni per il primo ciclo. Infine c’è uno stanziamento per i Centri provinciali per la formazione di adulti, per le sezioni carcerarie e ospedaliere. C’è stato un investimento delle persone, oltre che economico, senza questa collaborazione non avremmo fatto nulla». La maggior parte dei docenti si è messa in gioco, fin da subito, altri hanno iniziato ad avvicinarsi a questa nuova realtà quando hanno capito che rappresentava l’unico modo per raggiungere gli studenti e andare avanti. E così Zoom, Hangouts, Classroom e We school sono parole entrate improvvisamente nel gergo comune con cui stanno facendo i conti, dall’inizio di marzo, tutte le famiglie italiane. Chi più e chi meno. Gli studenti in prima linea, seduti davanti allo schermo, ma subito dopo ci sono mamma e papà che, al loro fianco, si sono dovuti improvvisare docenti ma anche esperti di videochat, videolezioni sincrone, piattaforme online e materiali da scaricare, stampare, compilare, scansionare e rispedire al prof. Tutto, magari, senza aver mai avuto in casa una stampante o uno scanner.

VIVA L’ANIMATORE
Spesso è stato di grande aiuto l’animatore digitale: quel docente che, esperto di informatica, riesce a fare formazione ai colleghi trascinando così nella didattica a distanza il maggior numero di classi possibile. Tanti ci sono riusciti, altri no. Nelle prime settimane si è reso necessario anche un galateo delle lezioni online: molti dirigenti scolastici hanno pubblicato sul sito della scuola le regole per una buona condotta nelle lezioni sincrone. Gli studenti, con il docente di fronte al di là della webcam, devono stare seduti correttamente, non devono mangiare né tanto meno fumare, non devono stare in pigiama né devono parlare con altri famigliari presenti nella stanza. Devono collegarsi in orario, senza fare ritardo o uscire dalla lezione prima che sia finita, salvo serie motivazioni. L’ambiente domestico, probabilmente, ha contribuito ad allentare un po’ quei freni che gli studenti avevano in classe. Ma attenzione, sempre di condotta si tratta.

DURATA RIDOTTA
Per i docenti invece le videolezioni devono durare 45-50 minuti e non devono superare le ore di lezione previste dal calendari scolastici ma c’è anche chi, per scelta o per difficoltà, non ha svolto neanche un’ora di videolezione preferendo l’invio di compiti online, con il registro elettronico che ad oggi, praticamente, è preistoria.
Ma se il futuro della scuola deve passare anche per il digitale, è opportuno mettere in sicurezza gli accessi. Nella necessità di partire, infatti, si è badato poco agli eventuali problemi che sarebbero arrivati. Quindi da qui a settembre dovranno essere affrontati. I ragazzi, minorenni, hanno iniziato a inviare foto e video online, hanno iniziato a partecipare a lezioni sincrone dove si vedevano scorci delle case, famigliari e altri minori. Una situazione inedita, soprattutto se si pensa che fino allo scorso anno anche solo per la foto di classe serviva l’autorizzazione. Le classi sono state esposte quindi a problemi seri, per gli studenti ma anche per i docenti, dalla mancanza di privacy ai casi di cyberbulismo e di irruzioni di hacker che inviano immagini inappropriate durante le lezioni in diretta. 
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