Quinzi: «Lascio il tennis, cerco la felicità»

Quinzi: «Lascio il tennis, cerco la felicità»
di Piero Valesio
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Venerdì 2 Luglio 2021, 07:35 - Ultimo aggiornamento: 11:11

Forse c’era qualcosa, in quella finale junior di Wimbledon del 2013. Un sortilegio che ha colpito i due protagonisti. Di Hyeon Chung, sconfitto, si sono perse le tracce. Gianluigi Quinzi, che vinse, ha annunciato di aver chiuso la carriera. A 25 anni.
Gianluigi ha pianto molto?
«Adesso per niente. Ho pianto tanto prima. Quando non vincevo le partite. Perché io sono sempre stato un partitaro».
Fabio Gorietti, che è stato suo coach per due anni, ha detto: Giangi si allena ma non migliora il suo tennis.
«Il fatto è che ho sempre avuto un brutto rapporto con la sconfitta. Non la accettavo. Non la elaboravo. E cercavo di rigiocare subito per cancellarla. Poi mi sono chiesto: vale la pena di continuare così?».
E si è risposto di no.
«A novembre ho deciso. Basta. Ed è stata una liberazione. Bisogna scegliere cosa si vuole fare nella vita. E dato che io amo prendermi le responsabilità del caso, ho scelto di prendere un’altra strada».
Dopo quella finale ai Championships il predestinato era lei.
«È stato il più bel ricordo della mia vita sportiva. Tutto pareva possibile, in quel momento. E l’anno dopo...»
Cosa successe?
«Che mi avevano offerto una wildcard per le qualificazioni. La rifiutai perché mia madre scelse di farmi sostenere l’esame di maturità, che era concomitante. Fatto bene? Fatto male? Non lo so. Ecco: se ho un rimpianto è quello di non aver accettato quella possibilità».
Nel 2017 si ritrovò a giocare Next Gen. E in tanti pensammo: finalmente Quinzi sta arrivando.
«Forse l’ho pensato anche io. Ma capii anche che c’era qualcosa che non andava. Ebbi la sensazione di aver raggiunto il mio limite massimo. Dopo Next Gen ero spremuto; gli altri erano pronti a migliorarsi ancora. Io non ce la facevo».
Lei ha lavorato anche con Ron Leitgeb, il guru di Thomas Muster che allenò anche Andrea Gaudenzi. Lui disse: “Ciò che conta è la predisposizione al sacrificio”.
«Quella non mi è mai mancata, per la miseria. Mi sono fatto il mazzo fin da bambino. Ma adesso non provavo più alcun piacere nel giocare. Voglio essere un uomo che quando si alza al mattino è felice. Voglio la felicità. E ho capito che col tennis non ci sarei arrivato mai».
Ora i predestinati sono Sinner e Musetti.
«Mi sento un po’ di aver aperto io la strada all’ondata di ragazzi bravissimi che ci sono oggi. E di questo vado orgoglioso».
L’anno prossimo si laureerà in Sport Management.
«È ciò che voglio fare nella vita. Sponsorizzazioni, marketing dello sport. Con la mia fidanzata Ilenia, che si sta per laureare pure lei, abbiano condiviso questa scelta. All’inizio non ci voleva credere».
Sa che c’è un altro “allievo” di Leitgeb che ha studiato management e ora è capo dell’Atp?
«Io il futuro Gaudenzi? E perché no.

Ma adesso è presto per pensarci. Ho solo 25 anni, in fondo. Sono all’inizio, non alla fine».

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