Totti, la storia scritta con i piedi. Vita, opere e miracoli sportivi di un autentico fuoriclasse

Francesco Totti solleva la Supercoppa italiana nel 2002
di Piero Mei
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Mercoledì 8 Giugno 2016, 10:31 - Ultimo aggiornamento: 10:32
Il romanzo di Francesco è stato scritto con i piedi: per questo è un capolavoro. Perché Totti è un calciatore; anzi, per molti è “Il Calciatore”, se non addirittura “Il Calcio” di un quarto di secolo: il suo, che è quasi un Giubileo reale. Totti per Pelè è il Pelè de noantri: gran parte dei romani, anche fra i laziali, parola che in un articolo su Totti forse andrebbe evitata o censurata, lo vorrebbe al posto di Marc’Aurelio in Campidoglio, o al Colosseo, diritto di vita e di morte con il pollice verso. Esagerando, qualcuno lo immaginerebbe perfino su di un balcone, scegliete quale degli affacci romani.

In principio fu il Pupone, anche per via di quel bambino che è dentro ognuno di noi e che Francesco ha saputo tener vivo come la fiaccola olimpica che s’accende in un gioco di specchi e di raggi del sole. “C’è voluto del talento ad esser vecchi e non adulti”, cantava Jacques Brel, che non era un giocatore del Belgio giacché ai suoi tempi il Belgio aveva sì e no Vincenzo Scifo mica i Ninja di oggi, ma un poeta in musica. Poi è stato il Capitano, c’è solo un Capitano: no Totti, no party, lo stendardo che l’ha accompagnato dovunque. I tifosi della Roma, a parte l’Olimpico di stagione, sono i più speciali viaggiatori dello sport: il loro è un Gran Tour e spesso, in casa o fuori, sono rimasti vittime della sindrome di Stendhal; perché anche loro avevano opere d’arte, pur se calcistica, da ammirare: le giocate di Totti. Altri striscioni si sono visti e letti, hanno strappato il sorriso o il ringhio: Francesco non ha mai lasciato indifferente nessuno degli spettatori di uno stadio, quando ce n’erano ancora...

E difatti negli ultimi spiccioli di tempo che gli sono stati concessi in questa stagione, anche i non romanisti s’alzavano in piedi ad applaudire. Mica la Roma, mica Spalletti, mica chiunque: solo Totti. E’ stato come consegnargli quel pallone d’oro che non ha mai vinto perché i grandi elettori non badano al valore dell’individuo ma ai risultati di una squadra. E la Roma, pur se quella di Totti, di risultati non ne ha avuti a bizzeffe, anzi: persino meno di quelli che avrebbe meritato.

Però Francesco ha potuto esultare a modo suo, centinaia e centinaia di modi, ad ogni gol: perché non è di quelli che non festeggiano quando segnano da ex. Totti non è nato per essere un ex: un ex giallorosso non sia mai detto. Un ex giocatore? Ma li avete visti gli ultimi minuti delle ultime partite dell’ultima serie A?

C’è un popolo giallorosso di “menochetrentenni” che è cresciuto con Totti: sgambettavano appena, erano loro sì pupi se non puponi, ora sono in cerca di lavoro; studiavano, s’innamoravano, e avevano Totti; mandavano un messaggino, cinguettavano su twitter, postavano su facebook, si scambiavano video su whatsapp e avevano Totti. Quando smetterà, che Dio lo conservi, si sentiranno come gli inglesi quando non intoneranno più Dio salvi la Regina. Un re non sarà altrettanto fantastico. Totti che capiva, e capisce tutt’ora, un attimo prima d’ogni avversario e d’ogni compagno, cosa fare con il pallone, dove e come mandarlo dove lui sa, il compagno arriverà, il portiere avversario non arriverà. Totti che tira un rigore,“je fa’ er cucchiaio”, oppure a tempo scaduto, come in Germania 2006, quando il pallone pesava più del Cupolone, ma non per Totti. Sì, al contrario della canzone, è da questi particolari che si giudica un giocatore. Ma perché giudicarlo? Totti non si discute: si ama. Del resto è lui la Roma a cavallo del Terzo Millennio.
 
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