Totti, professione «calciattore». Un’icona di spettacolo, mix di autoironia e simpatia

Francesco Totti in uno spot pubblicitario
di Alessandro Angeloni
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Mercoledì 8 Giugno 2016, 10:45 - Ultimo aggiornamento: 10:50
Nome? «Francesco». Cognome? «Totti». Nato? «Sì». Alex Del Piero ancora ride. Christian Vieri non riusciva a nemmeno a guardarlo in faccia, stesso dicasi per Alessandro Nesta e Marco Delvecchio. La Nazionale era in ritiro alla Borghesiana quando Francesco Totti ha pensato bene di coinvolgere i suoi compagni azzurri a interpretare le barzellette su di lui, dove lui era diventato il protagonista negativo. Insomma, il nome Totti aveva preso il posto di Pierino o dei Carabinieri. Un disastro. Quelle barzellette che avevano cominciato a correre sul web e su tutti i telefonini avevano fatto impermalosire il capitano della Roma. Che tutto doveva fare, tranne offendersi. Qual è stato il giro di vite, la svolta? Invertire il problema: quelle barzellette inventate per mettere Totti in cattiva luce e per farlo passare come l’ignorantello un po’ deficiente e imbranato, diventano lo strumento per scherzarci su. Totti non è più l’obiettivo ma il protagonista: è lui che le produce, le riscrive, le firma, le modella su di sé. Diventa proprio Totti il primo a giocare su se stesso, sui suoi difetti e sui suoi limiti culturali. 

Prima le raccoglie in un libro, che diventano due, tre; poi ne fa un cd, che diventano due e tre, tipo la saga di Rocky. Totti tira fuori una verve comica e si scrolla di dosso la permalosità, poco tipica del romano. Totti fa ride’, si va dicendo da quel momento in poi, e quei libri e dvd vanno a ruba e il ricavato va in beneficenza. Fa ride perché è spontaneo, perché il finto tonto gli viene bene. E il finto tonto è sempre spendibile negli spot. Francesco diventa un’immagine cinematografica, un’icona da spettacolo e avanspettacolo. Un comico moderno. Memorabili gli spot della Vodafone in compagnia di Gattuso e della moglie Ilary. I nuovi Sandra e Raomondo, sussurrano in tanti. 

Ma Totti non è cinematografico solo davanti a una telecamera e con un copione in mano, lo è anche in campo, nelle esultanze, lo è nelle conferenze e nelle interviste. E’ cinematografico dopo un gol: il selfie post rete nel derby di andata della stagione 2014-2015 lo ricorderanno tutti, sempre. E’ cinematografica la maglia “vi ho purgato ancora”, così come quella “sei unica” dedicata a Ilary (e un po’ anche alla Roma...). E’ cinematografico quando sussurra a Tudor, zitto ne hai presi quattro, vai a casa. Lo è quando, in panchina, stuzzica Pjanic versandogli addosso qualche goccia d’acqua o quando si mette a palleggiare con un raccattapalle. Carlo Verdone lo pensa protagonista di un suo film, gli spot pubblicitari della Vodafone sono terminati ma ora ne ha girati altri per nuove aziende (fa il poliziotto, il dentista con la 10 Lotto e il capotreno con la Roma/Frecciarossa) e quelle immagini torna ad essere divertente anche senza Gattuso e Ilary. Rocco Siffredi lo ha eletto come suo erede nei film porno. Oddio, magari qui stiamo esagerando. O forse no?
 
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