Roma, problemi societari e tra dirigenti: Fonseca è solo contro tutto. Pallotta lo protegge

Roma, problemi societari e tra dirigenti: Fonseca è solo contro tutto. Pallotta lo protegge
di Stefano Carina
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Venerdì 12 Giugno 2020, 09:30
  Sabatini li chiamava centri di potere. Era il 2017 e il ds, ormai uscente, li aveva individuati a Roma (Trigoria), Londra (Baldini), Boston (Pallotta) e in Spagna del futuro (ora già ex) ds Monchi. Passano gli anni, cambiano i protagonisti, non le dinamiche. Un déjà vu inevitabile per un club che nell’era Usa ha visto alternarsi due presidenti (Di Benedetto e Pallotta), altrettanti vicepresidenti (Tacopina e Baldissoni), 4 ds (Sabatini, Massara, Monchi e Petrachi), 8 allenatori (Luis Enrique, Zeman, Andreazzoli, Garcia, Spalletti, Di Francesco, Ranieri e Fonseca), 5 tra ad e ceo (Fenucci, Pannes, Zanzi, Gandini e Fienga) senza dimenticare i tre dg (Baldini, Baldissoni e Calvo). Se non è un record, poco ci manca. 
MICCIA ACCESA 
Ciclicamente quindi le scosse telluriche si ripresentano. Figuriamoci ora in un momento di transizione. Ad accendere la miccia, dopo la pubblicazione dei conti in rosso, ci ha pensato Petrachi a Sky tracciando uno scenario inquietante. In primis, sulle strategie future: «È inutile dire se c’è a disposizione x o y, se non sai che giocatori devi vendere, che valutazioni puoi fare?». Poi alimentando più dubbi che certezze sulla permanenza di Zaniolo e addossando a Pellegrini l’eventuale responsabilità di un addio, chiamando in causa la clausola rescissoria. Scivoloni che si sommano ai rapporti deteriorati dentro al club. Con Baldissoni il feeling non è mai nato. Nei mesi il ds ha poi perso l’appoggio del segretario Longo e quello di Fienga che gli rimprovera un’esposizione mediatica fuori luogo che ha causato un’inchiesta della Procura Federale (Dzeko), il fallimento dello scambio Politano-Spinazzola (con le frasi sul rapporto Ausilio-Marotta quando gli agenti sembravano aver ricucito) e pruriti tra i calciatori che non fanno mistero, a loro volta, di «vivere un momento di assoluta incertezza tra chi resterà e chi partirà» (cit. Pastore). Fienga, dal canto suo, si attendeva un esito differente dalla trattativa con Friedkin. E si augurava finanziariamente qualcosa di diverso rispetto al factoring sul botteghino andato in scena qualche giorno fa. Per carità, aspettarselo non vuol dire ora remare contro. Il Ceo - che può contare su Calvo - ne ha preso atto, adeguandosi ma non condividendo. Pallotta non sembra essersela presa più di tanto. Ieri, nel tessere le lodi di Fonseca («Non potrei essere più felice di Paulo») ha menzionato proprio il Ceo («Ci lavora davvero bene») e non ad esempio Petrachi. Intanto il presidente ha richiamato Baldini, alimentando il nervosismo del ds anche se poi è Fienga a parlare con la Juve e a occuparsi della vicenda-Pellegrini. Il vicepresidente Baldissoni è scomparso dai riflettori, nonostante qualcuno dentro la società lo vorrebbe di nuovo al timone. Con l’arrivo di Friedkin era prossimo ai saluti, adesso rimane in bilico ma può ancora giocarsi la carta-stadio. Si rivelasse vincente, cambierebbero di colpo il suo destino, quello di Pallotta e della Roma. Nel domino giallorosso rimane Fonseca. Che da tecnico navigato ha già capito come da questa incertezza, per lui possano arrivare soltanto benefici. Se non centrerà la Champions (intanto ha corretto Petrachi: «Ho visto i ragazzi allenarsi sempre bene, motivati») dovrà solo scegliere l’alibi. In caso contrario si trasformerà in eroe. Fino alla prossima puntata.
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