Lazio, i numeri non sono più da scudetto: la difesa è in bambola, l'attacco spuntato

Acerbi, foto Rosi
di Alberto Abbate
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Giovedì 9 Luglio 2020, 07:30
Aumenta il rimpianto il giorno dopo. Uno spreco non aver sfruttato lo scivolone bianconero. La Juve perde la sera contro il Milan, ma il distacco di sette punti rimane invariato. Perché la Lazio a Lecce aveva già sciupato tutto martedì pomeriggio con il terzo ko (in 5 gare) dalla ripresa di questo campionato. Cresce il rammarico, ma adesso è ancora più importante ritrovare l’equilibrio prima di poter riguardare il primo posto e blindare il secondo con la Champions. Bisogna innanzitutto tornare a chiudere la porta al più presto. Strakosha (sotto mira dei tifosi e del gruppo) continua a perdere un colpo dietro l’altro, ma ora non sono solo sue le responsabilità. Pesano come macigni gli errori di Acerbi a Lecce nell’ultima sfida. Passa la palla in scivolata a Falco sul pari (Patric si perde al centro Babacar) e si fa anticipare da Lucioni sul raddoppio. Ora bruciano ancora di più i dati di quella che, sino alla ripresa, era la miglior difesa della serie A. Nelle prime ventisei giornate Strakosha aveva subito appena 23 reti in 26 gare. Nelle cinque partite post-lockdown diventano dieci. La differenza tra le due medie è impressionante e passa da 0.88 a 2 gol subiti a partita. La Lazio aveva la miglior retroguardia, ora è al terzo posto dietro Inter (33 gol – 22 nel primo tempo - contro 31 e 30) e Juve. Numeri da invertire al più presto, se Immobile e compagni vogliono tornare in corsa e impensierire davvero la Vecchia Signora per lo scudetto. Son convinti non sia detta ancora l’ultima parola Formello: «Non mollare mai», ricorda il club sui social. 
PERICOLO 
Deve solo tornare se stessa, la Lazio. Certo, i numerosi infortuni e le partite ogni tre giorni hanno creato uno scompenso, ma anche la mentalità dei giocatori non è quella d’un tempo: i ragazzi d’Inzaghi sembrano spaesati, incapaci di mordere (non come Patric) sul campo. L’atteggiamento biancoceleste non incute più paura all’avversario, che ora passa al contrattacco e riesce ad avere la meglio. Il Lecce trionfa in rimonta con il fisico e l’agonismo. Una sconfitta contro una neopromossa non arrivava dal 28/5/2017 per la Lazio, dal giorno in cui a Crotone fu gettata al vento la Champions. 
TANTO TEMPO FA
Guai a ripetere una simile Caporetto, anche se sembra impossibile a soli tre punti dall’accesso matematico. Per questo del ko della Juve bisogna pure guardare il bicchiere mezzo pieno: i biancocelesti non possono mollare perché è difficile, ma il tricolore è ancora in ballo. E’ giusto guardare al meglio, ma solo ritrovando l’unità dello spogliatoio. Luis Alberto e Milinkovic ci stanno provando, anche se a Inzaghi non è andato giù l’atteggiamento col Milan (il cambio chiesto sul 3 a 0, non supportato da un effettivo malanno) del serbo e lo ha punito con la panchina a Lecce dal primo minuto. Altri big fondamentali stanno invece tradendo. Non solo Acerbi male allo Stadio Via del Mare. Leiva è ancora un fantasma, dopo l’operazione. 
MEA CULPA
Ha fatto mea culpa, Immobile, la Lazio lo deve di corsa ritrovare. Sta sbagliando troppo, il capocannoniere. Le statistiche dell’ultimo incontro parlano di 10 tiri in porta della Lazio, record stagionale. Ma il tasso di pericolosità è imbarazzante: 1.98 gli expected goals, meno di quelli (2.33 con appena 3 conclusioni in porta) del Lecce. I cross della squadra d’Inzaghi sono il triplo di quelli della compagine di Liverani: 36 contro 12 , ma con una percentuale di completamento del 19% contro il 42% dei salentini, che così han trovato le due reti. In questo senso dev’essere più concreto e meno fumoso speedy-Lazzari. Sperando che nuovi acciacchi e infortuni (rimane sotto accusa la preparazione post-Coronavirus) non aumentino nuovi rimpianti. 
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