Non si riconosce nemmeno lui e magari, guardandosi allo specchio, dirà pure: «Ma dove sono capitato?». Dove è capitano Edin Dzeko? Oppure: quale Edin Dzeko è capitato alla Roma? Le domande sono due, una non esclude l’altra, ma per entrambe la risposta è complicata. Dzeko in questo momento è irriconoscibile, poi vai a capire dove cominci la colpa dell’uno (Edin) e/o quella dell’altra (la Roma). Oggi va tutto storto, questo è il fatto intangibile. Sbaglia i gol, perde i palloni, non incide, è defilato, corre a vuoto, non può essere questo il ragazzone venuto dalla Bosnia che ha incantato in Bundesliga e fatto più che il suo con la maglia del Manchester City. Non può essere che qui, a Roma, si becchi addirittura la prima espulsione della sua carriera, arrivata ormai quasi al compiere dei trent'anni. Non è possibile.
E’ il sintomo di un nervosismo: qualcosa non va in lui e in ciò che gli gira introno. Forse è proprio questa la causa: ciò che gli gira intorno non è funzionale al suo carattere. Perché un suo vecchio allenatore (Mancini) ci ha raccontato come Edin abbia bisogno di stimoli per dare il meglio, di stimoli e di coccole. E qui oggi non è aria, va tutto storto, anche quando si vince. Si sente abbandonato a se stesso, in una squadra che gira a vuoto e mai per lui. Ha perso giorni di allenamento, si è fatto male a un ginocchio, forse anche per questo Edin stenta a decollare. Oggi è un pulcino innaffiato di lacrime, nella speranza che possa asciugarsi presto e ripartire. La Roma con lui. Cinque gol in venti partite non sono una media da Dzeko. Non fateci dite che ci siamo sbagliati, che abbiamo scambiato un leone per un anatroccolo. Esce Dzeko e Sadiq fa gol. Non ci voleva per Dzeko, per la Roma però va bene.