Roma, la cessione a Friedkin è in quarantena

Roma, la cessione a Friedkin è in quarantena
di Rosario Dimito
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Mercoledì 1 Aprile 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 09:17
Come tutte le attività economiche e soprattutto le trattative finalizzate alle acquisizioni ai tempi del Covid-19, anche la vendita della Roma si è fermata. E a questo punto non è chiaro se e quando potrà ripartire. Ormai da qualche settimana, in coincidenza con il lockdown che ha paralizzato tutte le attività non essenziali, la due diligence in corso da parte di JpMorgan e il negoziato fra James Pallotta e Daniel Friedkin hanno spento i motori, sono in quarantena. Del resto i campionati sono stati bloccati e non si sa se e quando potranno ricominciare. Si sta discutendo fra i club, senza nessuna decisione né prospettiva, sulla possibilità di tagliare gli stipendi al mondo del calcio. In più il valore del parco calciatori si è abbassato, l’approvazione del bilancio preliminare della Roma calcio, chiuso con una perdita di 84 milioni è stata rinviata. Il nuovo rendiconto dovrà recepire le ulteriori passività che a causa del coronavirus emergeranno facendo salire quindi il risultato negativo. E quasi certamente il rosso, andando ad intaccare il patrimonio, renderà necessaria una nuova operazione di rafforzamento patrimoniale, oltre quella in corso di 150 milioni. Chi metterà i soldi perché pur con il rinvio dei termine per dire sì ai conti, il codice civile non ammette troppe proroghe in presenza di perdite che dovessero mangiare il capitale oltre un terzo. Sarà obbligatorio mettere altri soldi per tenere in vita il patrimonio sociale ma anche dare un futuro al club che è molto nebuloso come quello di tante altre società calcistiche. Quando finirà il lockdown, riprenderà la vita di tutti i giorni e il campionato dovesse concludersi, bisognerà progettare il futuro. Ci sarà la campagna acquisti e servirà la cassa per rafforzare la squadra. E come nel gioco dell’oca, si torna alla partenza: chi metterà i soldi? Oggi il patron che ha l’83% è Pallotta di una società quotata in borsa. Ma a fermare le macchine della trattativa contribuisce lo stop alla cessione del nuovo stadio dal gruppo Parnasi al gruppo ceco Vitek con la mediazione di Unicredit.
«L’affare al momento è ancora possibile? Sempre», ha detto ieri il presidente della Roma, Pallotta, cercando di puntualizzare le indiscrezioni riguardanti la fine della trattativa con il gruppo che fa capo al magnate texano Friedkin. A fine dicembre 2019, in occasione del contratto di esclusiva dato da Pallotta, assistito da Goldman Sachs, a Friedkin, quindi prima che scoppiasse la pandemia di coronavirus, il prezzo di cessione della società era di 704 milioni, al lordo del bond di 275 milioni emesso da una controllata della Roma, degli oneri per 60 milioni circa versati dall’attuale patron nell’ambito del progetto Stadio e delle tranche della ricapitalizzazione versate da Pallotta.
SVALUTAZIONE
Ora il valore della Roma sarà molto ma molto più basso e sotto i 600 milioni il venditore non potrebbe scendere. Ma se la trattativa dovesse rinascere, chissà quando, è sicuro che la società non potrà valere come prima perché troppe cose sono cambiate. Si pensi che il governo ha fatto una manovra di 25 miliardi, ne sta preparando un’altra almeno per una cifra analoga e in Europa è in corso un negoziato affinché si possano trovare risorse per aiutare tutti i paesi più bisognosi. E’ questo il contesto in cui vive lo sport, il calcio e si inserisce un cambio di proprietà che non può avvenire perché sono cambiati tutti i parametri. Che poi Pallotta voglia sempre vendere e Friedkin sarebbe sempre disponibile ad acquistare fa parte del gioco della domanda e dell’offerta: si deve trovare un punto di equilibrio.
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