IERI E OGGI
Sarà la decima volta contro i giallorossi, stasera. La prima con la casacca del Real porta la data della terribile notte dell’11 settembre del 2001; l’ultima con i colori del Porto quella del 23 agosto del 2016. In entrambi i casi, due vittorie. Cinque in totale. Più un pareggio e tre sconfitte, che diventano tre successi indimenticabili per il tifoso della Roma, con Casillas costretto due volte a uscire dal campo a testa bassa direttamente al Santiago Bernabeu.
Andando a rileggere il tabellino di quella prima volta all’Olimpico con il Real Madrid contro la Roma, 17 anni, 5 mesi fa e 1 giorno fa (1-2, gol della bandiera di Totti), si fa in fretta a notare che in campo 6363 giorni dopo c’è rimasto solo lui. Non ce n’è un altro che faccia ancora il calciatore: chi è diventato allenatore, chi si gode i soldi, chi si è perso per strada. Lui no, sta ancora lì. A difendere se stesso e la sua storia oltre che il Porto.
È in scadenza di contratto, Iker, e il suo futuro non ha ancora preso una precisa direzione. Tempo fa ha dichiarato che se il Real lo richiamasse non esiterebbe un attimo a tornare a casa, dimenticando al volo quello che c’è stato al momento dell’addio. Troppo grande, del resto, l’amore per quella maglia per cancellare passato, cattiverie e bei ricordi. Ma non per questo un campione, un campione vero, non riesce a essere professionista anche con un maglia non tatuata sulla pelle. Questione di classe.
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