Frappart, 120 minuti vissuti alla grande: l'arbitra e le sue colleghe promosse

Stephanie Frappart, primo arbitro donna a dirigere una finale maschile Uefa
di Roberto Avantaggiato
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Giovedì 15 Agosto 2019, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 10:54
Gli occhi di tutto il mondo l’hanno avvolta per tutta la sera, come una seconda pelle. Pronti a scrutare ogni mossa, ogni gesto, ogni decisione presa nel richiamare i calciatori con il fischietto o la gestualità arbitrale. Stephanie Frappart, da ieri primo arbitro donna a dirigere una finale maschile dell’Uefa, a Istanbul ha catalizzato le attenzioni forse più delle gesta tecniche di Salah, Manè o Giroud. Sicura, mai in affanno o in difficoltà nel tenere in pugno la partita, l’immagine della Frappart che dirige Liverpool-Chelsea resterà per sempre nei libri di storia calcistica, ma anche di storia sociale. Già, perché se il mondo del pallone da ieri potrebbe non essere più lo stesso, di sicuro il concetto di donna e calcio subirà profonde mutazioni. Perché Stephanie, qualora ce ne fosse bisogno, ha confermato che le diversità sono spesso sono solo delle scuse usate come paravento al maschilismo.

STESSO PASSO
Sul piano fisico Stephanie non ha infatti ceduto un millimetro di terreno ai calciatori. Magari ha concesso loro qualche centimetro in altezza, ma non s’è fatta mai lasciare indietro per tutti i 120 minuti di partita. E non è stata sovrastata neppure quando il tono agonistico e nervoso è salito, al punto che quando il capitano del Chelsea Azpilicueta le ha strillato da breve distanza “what’s this?” s’è subito beccato il giallo. D’altronde, la  linea di condotta arbitrale è stata chiara da subito: poco dialogo, fermezza nelle decisioni e spazio zero alle proteste, mostrando anche coraggio quando, al nono minuto del primo tempo supplementare, ha concesso il rigore al Chelsea. Contatto tra il portiere del Liverpool Adrian e Abraham e dito puntato sul dischetto. Decisione che non è stato rettificata dal Var, che ieri a Istanbul era Massimiliano Irrati, il top.

SUBITO UNO SORRISO
Il primo fallo la Frappart lo ha fischiato dopo soli due minuti di gioco, per punire un intervento troppo deciso del connazionale Giroud, che prima ha accennato un abbozzo di protesta e poi le ha concesso un sorriso di approvazione. La Frappart e le sue colleghe, la romana-francese Manuela Nicolosi e l’irlandese Michelle O’Neill (perfette sul fuorigioco) di sorrisi se ne sono  concessi pochi. Qualcuno nel pre-gara, altri all’ingresso in campo e poi basta fino al  termine prima dei tempi regolamentari e poi della  partita (vinta ai rigori dal Liverpool) quando le strette di mano di congratulazioni (anche dei capitani delle due squadre) hanno riacceso i sorrisi sui volti  delle tre donne. L’ottima prova arbitrale è stata riconosciuta anche dal pubblico, che ha rivolto alla Frappart applausi, mai sfociati in critica o scherno. D’altronde, Roberto Rosetti e il presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin, per abbattere un vero e proprio muro di Berlino arbitrale, non hanno scelto l’ultima arrivata. Perché la Frappart, per intenderci, è un arbitro che aveva già dato le giuste garanzie al panorama calcistico maschile, che in Francia lo scorso aprile le ha spalancato le porte della Ligue1, la serie A transalpina. Alla quale vuole approdare, ora, Manuela Nicolosi, nata a Roma ma emigrata prima a Parigi e poi a Lione. Magari per fare coppia ancora con la Frappart (non con la O’Neill che completa il trio solo in campo internazionale) alla quale la lega un rapporto di amicizia, che sul campo si trasforma in intenso profumo d’intesa.
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