Open Championship, per Tiger Woods sogno già finito. Young si prende la scena

Open Championship, per Tiger sogno già finito. Young si prende la scena
di Stefano Cazzetta
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Venerdì 15 Luglio 2022, 17:06 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 08:38

E’ un ritorno alle origini, ma rappresenta il miglior passaporto per il futuro. E’ qui che convivono la terza più antica Università in lingua inglese e la casa mondiale del golf. E’ qui che tutto è cominciato nel lontano 1400 ed è sempre qui che nel 1754 fu fondata la Society of St. Andrews Golfers , divenuta "reale" nel 1834. Giusto, dunque, che l’edizione numero 150 dell’Open Championship (o, British Open, o, semplicemente, The Open) si celebri su questo percorso, rimasto praticamente immutato nel corso della sua storia ultracentenaria. L’Old Course è il sogno (accessibile) di tutti quelli che giocano a golf, la meta di un incessante pellegrinaggio da ogni angolo del mondo. Incastonato tra il mare e la bellezza struggente di una città gotica, è aperto al gioco nei giorni infrasettimanali. Alla domenica torna parco pubblico e ospita chiunque desideri passeggiarci sopra.

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E’ un links, non ci sono alberi ma solo vegetazione costiera. Bassa e insidiosa. E poi i famosi pot bunker di sabbia, piccoli e profondi, che in origine erano ricoveri per animali. Non è un percorso impossibile, a condizione che il vento abbia firmato una tregua. Altrimenti sono dolori. E il vento si sta già facendo sentire. Sull’Old Course si sono succedute vittorie entusiasmanti e crolli da psicodramma. A volte è capitato che un secondo posto venga ricordato più del primo. E noi italiani lo sappiamo bene. Nel 1995 vinse John Daly, ma negli occhi di tutti (e in tutte le immagini rievocative) c’è il putt imbucato da 20 metri alla 18 e l’esultanza sfrenata ed emozionante di Costantino Rocca che, grazie a quella prodezza, guadagnò il diritto allo spareggio. Va da sé, però, che vincere l’Open Championship ti colloca di diritto nell’albo d’oro della storia del golf. Vincere sull’Old Course garantisce un surplus di gloria. Tiger Woods, che di Claret Jug (il trofeo in argento che spetta al vincitore) ne ha collezionate tre, due delle quali (2000 e 2005) proprio a St. Andrews, e oggi è ancora qui, nonostante le operazioni e, soprattutto, la gamba destra praticamente ricostruita dopo il terribile incidente in auto del febbraio 2021. Tiger ha fatto le prove generali al Masters, si è ritirato dopo 54 buche al Pga e ha saltato lo Us Open per puntare tutto sul quarto e ultimo major stagionale.

In prova ha giocato tutte e 18 le buche. Ha faticato, ma ha retto.

"Ritirarsi? Neppure per sogno", ha sentenziato. In bacheca ha 15 major, il sedicesimo sembra obiettivamente lontano. Ma se si tratta di Tiger, mai dire mai. Sull’Old Course, ovviamente, scenderanno in campo, da oggi a domenica, tutti i migliori giocatori del mondo. Si lotta per 14 milioni di dollari di montepremi, 2,5 dei quali andranno al vincitore. Per uno come Filippo Celli è come trovarsi su un altro pianeta, in un contesto fantastico. Il ventunenne dilettante romano ha guadagnato il diritto a giocare l’Open Championship vincendo l’Europeo Amateur. Deve tenere sotto controllo l’emozione. Il suo obiettivo principale sarà superare il taglio. Da lì in poi nulla sarebbe vietato. Intanto ha avuto modo di fare un po’ di esperienza straordinaria giocando nove buche inaspettate con il suo mito Rory McIlroy. "Stavo provando il campo da solo con il mio coach Roberto Binaghi che mi farà anche da caddy – racconta -. A un certo punto, su un green condiviso di due buche, abbiamo incrociato Rory che si stava allenando con Dustin Johnson. Alberto, che lo conosce, è andato a salutarlo.

Hanno chiacchierato un po’ e poi lui ci ha chiesto se poteva unirsi a noi". McIlroy che chiede a Celli di giocare insieme, cose dell’altro mondo, eppure belle e possibili all’Open Championship. "Facevo fatica a crederci – continua Filippo -, ma è stato bellissimo. Abbiamo parlato di tante cose. Anche lui ha vinto l’Europeo Amateur, tra l’altro a Biella, in Italia, e guardate dove è arrivato. Certo, pensavo soprattutto al mio gioco, ma ho cercato di non perdermi nessuno dei suoi colpi". Ora lo aspetta la sfida vera e propria, davanti a decine di migliaia di spettatori. Partirà alle 14:37 italiane insieme con il past winner Darren Clarke e Richard Bland. In campo altri due italiani: alle 8:08 Guido Migliozzi, che è reduce da un bel 14° posto allo Us Open (in team con Ian Poulter e Jamie Donaldson) e Francesco Molinari, che una Claret Jug l’ha vinta ma che ora sta attraversando un momento difficile. Partirà alle 9:14 con il suo amico Tommy Fleetwood (l’eroica coppia della Ryder di Parigi) e Justin Rose. Chissà che il ricordo del trionfo del 2018 a Carnoustie non gli restituisca la forma perduta. Sarebbe ora. 

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