Giuseppe Fiorello all'Ambra Jovinelli: «Sotto i riflettori i miei eroi del quotidiano»

Giuseppe Fiorello all'Ambra Jovinelli fino a domenica 28 ottobre
di Simona Antonucci
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Sabato 27 Ottobre 2018, 00:30
Penso che un sogno così... «L’unico sogno che ho, il più grande di tutti, è che possa riemergere un sentimento civile sia in ambito politico sia in ambito sociale. Sogno che si riesca a ripristinare uno scambio. Il confronto, oggi, ha toni drammatici. Se non sei allineato, se hai un’idea diversa vieni tacciato come rivoluzionario».

Giuseppe Fiorello si è rimesso in viaggio. Al teatro Ambra Jovinelli (repliche fino a domenica 28 ottobre) riparte il suo tour che lo porterà a Catania e a Trieste, a Palermo e a Rovigo con lo spettacolo omaggio a Domenico Modugno, “Penso che un sogno così”.

In valigia un'Italia che non c’è più, i ricordi della sua infanzia siciliana, le canzoni che hanno accompagnato il risveglio di un Paese, ma anche tanta amarezza per la vicenda che ha coinvolto il sindaco di Riace, Domenico Lucano, ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina («arrestateci tutti», commentò allora Fiorello su twitter), e tanta indignazione per la sospensione della messa in onda della fiction Rai “Tutto il mondo è paese” in cui l’attore catanese interpreta proprio il primo cittadino reggino. «Nessun blocco», la motivazione di Viale Mazzini, «semplicemente in attesa delle decisioni della magistratura».

Si è sentito anche lei un po’ tacciato come “rivoluzionario”?
«Ho scritto molto, tutto quello che pensavo sui social. Non so se questo significhi essere rivoluzionari. Ora aspetto che possa parlare il mio film. Lì c’è tutto. Una storia incredibile che ho scoperto per caso. Navigando una notte su internet m’imbatto nella classifica dei leader più influenti al mondo stilata dalla rivista americana Fortune. Non mi ricordo esattamente tutto l’elenco. Ma veniva citata gente tipo Obama, il papa, chessò la Merkel. E poi, Mimmo Lucano. Minchia! E questo chi è? Comincio a cercare e lo trovo».

E poi?
«E poi il film. Al momento non ho notizie, ma prima o poi arriveranno. Non è la prima volta che delle fiction vengano sospese. È già successo con le Foibe e poi con la storia di Graziella Campagna. Io aspetto».

Lei è sempre stato attratto da personaggi o da storie combattive. È il suo modo di raccontare l’Italia?
«Amo gli eroi del quotidiano. Persone poco note, ma di grande importanza civile. Sono storie necessarie. E mi vengono in mente I fantasmi di Porto Palo, Graziella Campagna che alla fine ebbe giustizia. E poi Roberto Mancini, il poliziotto che indagò nella Terra dei fuochi, Gianni Maddaloni, il campione di judo che con lo sport salvò tanti ragazzi di Scampia».

Il prossimo?
«Enzo Muscia. Il film è pronto, siamo nella fase di post-produzione. Un operaio che resta disoccupato perché chiude la fabbrica. Decide di ricomprarla per salvare se stesso e altri 380 colleghi. Un visionario. Un Titano. Un uomo che rischia la vita per il lavoro. Il cinema o la tv devono far pensare e devono spronare a fare. Mia madre mi ripeteva: aiutati che Dio t’aiuta. La cultura, l’arte possono aiutare molto. Il progetto di riproporre Modugno nasce anche un po’ da questa idea. Non scrisse soltanto canzoni, fece volare il sogno del boom economico, della rinascita».

Lo spettacolo è anche molto intimista.
«I miei ricordi s’intrecciano con la memoria di un Paese.
Io ero un ragazzino chiuso, timido. Papà mi faceva ascoltare i brani di allora e mi incoraggiava: la meglio parola è quella che non si dice». 
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