Marco Bellocchio: «La mia serie su Tortora? Racconterò l'uomo, non il caso di cronaca»

Durante l'incontro a Roma con gli studenti dei licei, nell’ambito dei Progetti Scuola ABC, il regista di "Rapito" ha annunciato i primi dettagli sul suo nuovo progetto, la serie sul giornalista Enzo Tortora, in fase di sceneggiatura

Da sinistra, l'assessore alla Cultura di Roma Miguel Gotor, 52 anni, il regista Marco Bellocchio, 84, l'attore Fabrizio Gifuni, 57
di Ilaria Ravarino
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Lunedì 4 Marzo 2024, 18:29

Ci pensava già da venerdì scorso, Marco Bellocchio, al concetto di “prima linea”, espresso qualche giorno dopo, con lucidità e concretezza, alla cerimonia laica d'addio al collega Paolo Taviani: quei cineasti in età avanzata «prossimi al congedo, e siamo sempre di meno», cui lui stesso sente di appartenere.

Ma la caparbietà con cui rivendica il posizionamento anagraficamente “in avanti” è pari alla tenacia con cui il regista di Rapito, 84 anni, si rivolge alle nuove generazioni. Lo ha dimostrato venerdì scorso, partecipando insieme a Fabrizio Gifuni al programma di Cinema, Storia & Società nell’ambito dei Progetti Scuola ABC, che accompagna studenti e studentesse delle scuole superiori di Roma e del Lazio alla scoperta del cinema (il prossimo appuntamento sarà al festival di Bari, dal 16 al 23 marzo).

Dopo la proiezione al cinema Adriano di Esterno Notte, la serie in sei episodi sul rapimento Moro del 2023, Bellocchio ha risposto, insieme a Gifuni e Miguel Gotor, consulente per la sceneggiatura e assessore alla Cultura di Roma, alle domande degli studenti. «Ho deciso di tornare sull'argomento Moro in occasione del quarantennale della tragedia. Volevo creare quel controcampo che in Buongiorno notte, nel 2003, avevo ignorato per ragioni artistiche: lì infatti “l’esterno” alla prigione era la televisione, che i terroristi vedevano tutto il giorno. Qui ero attratto dai protagonisti di questo dramma, da quelli che stavano fuori dalla prigione: Cossiga, il Papa, lo stesso Moro in famiglia prima del sequestro, e anche la coppia di terroristi. Nella preparazione ho incontrato l’ex brigatista Mario Moretti e mi sono attenuto in generale alla sua versione». Per Gifuni «la mia fortuna è stata quella di incontrare lo stesso personaggio, cioè Moro, più volte. Dieci anni fa con Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, in un film sulla strage di Piazza Fontana. Poi nel 2018 ho iniziato a lavorare per un progetto del salone del libro di Torino, per un lavoro di drammaturgia, sempre su Moro: ho scelto di studiare le carte che Moro ha scritto in quei 55 giorni di prigionia, per portarle in teatro (Con il vostro irridente silenzio, ndr).

E poi è arrivato l’incontro con Marco Bellocchio».

Fondamentale, per il regista, comunicare agli studenti «la differenza tra un approccio storico alla materia e uno artistico, che ricerca nelle vicende una certa qualità cinematografica. Ho fatto così con Moro e farò così con Tortora. Stiamo cominciando a scrivere la serie in questi giorni, per adesso sono sicuro di una cosa: non mi basta la denuncia dell'ingiustizia sociale. Non voglio fare un film contro la mostruosità di certe scelte, o almeno non solo quello. Mi interessa l'uomo Tortora, fondamentale all'interno di tutta la vicenda».

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