Canta Napoli e, stavolta, il gusto ha il sapore elegante del jazz. Non è la prima volta che succede (pensiamo ai preziosi duetti fra Gino Paoli e Danilo Rea) ma in questo caso la sorpresa è ancora maggiore, perché a cimentarsi su questo terreno è Massimo Ranieri, cantante melodico per eccellenza che ha chiamato attorno a sé alcuni grandi nomi come il principe dei trombettisti Enrico Rava e una pianista raffinata come Rita Marcotulli e il sax di Stefano Di Battista. Il risultato è un album, intitolato Malia, che scorre affidandosi soprattutto alla sicura prateria delle ballad. «Canto le canzoni che ascoltavo da ragazzino e che ho amato, sentendole dalla voce di Peppino di Capri» spiega Ranieri, decisamente lusingato dal risultato della sua nuova avventura.
Sono pezzi degli anni 50 e 60, non i grandi classici napoletani.
«Ma non sono assolutamente inferiori.
E perché quegli anni?
«Sono gli anni della mia giovinezza. L'epoca degli americani a Napoli con la portaerei Forrestal che solcava il golfo. E noi, ragazzini, che li scimmiottavamo, cercando di avvicinarci alla loro musica che aveva una grammatica fondamentalmente jazzistica».
Insomma, è un disco autobiografico.
«Ma l'idea me l'ha data Mauro Pagani, che è stato una sorta di deus ex machina di questa avventura. Quando me l'ha proposta, gli ho detto subito di sì raccomandando: buttiamoci come se l'avessimo sempre fatto. E da lì sono partiti tanti ricordi. Come mia madre che a casa cantava Anema e core. O quel giorno che incontrai Roberta Flack a New York e ci mettemmo a cantare insieme proprio Anema e core».
Ed è naturalmente finita nel disco. Un disco dove le ballad come “Nun è peccato”, “Luna caprese”, “Resta cu'mme”, la fanno da padrone.
«Si, anche questa è un'idea di Pagani, ha capito che non dovevo essere io a andare verso i musicisti che mi accompagnano, ma il contrario. E alla fine ha funzionato. Per me è stato un grande successo essere riuscito a stare con loro e averli accanto a me. Li guardavo estasiato come un bambino mentre parlavano di nona, di settima diminuita. Degli alieni».
Questa è la prima volta in cui ha a che fare con il jazz?
«Sì, questo è un mondo del tutto nuovo per me, anche se mi è capitato di comprare dei dischi di Miles Davis o John Coltrane, ma magari preferire cose meno complicate come l'orchestra di Count Basie. Confesso: non ci ho mai capito molto».
E di cantanti di jazz ce ne è qualcuno che le piace?
«Natalino Otto».
Farete anche dei concerti?
«Mi piacerebbe un minitour europeo e andare anche nei luoghi italiani del jazz. Qualcosa lo faremo ascoltare ovviamente nel mio show su Rai 1, Sogno o son desto numero 3, che andrà in onda a gennaio. I musicisti che hanno suonato con me nel disco saranno sicuramente ospiti».
E nel frattempo, da stakanovista, continua a fare serate in teatro. Ora con “Riccardo III”, poi magari con gli altri show.
«Sicuramente farò ancora serate con Sogno o son desto a teatro. Ma ci sono abituato. Ci sono stati anni in cui ho fatto anche 330 serate, fra concerti, teatro e partecipazioni varie, diciamo che ora viaggio sulle 250».
Ha già pensato a un capitolo due di Malia?
«Io sono pronto, e di canzoni carine da fare ce ne sono. Sicuramente ci sarà un bis. È stata una collaborazione troppo bella, un divertimento pazzesco».
Nell'album, Ranieri oltre che da Rava, da Di Battista e dalla Marcotulli è accompagnato da Riccardo Fioravanti al contrabbasso e da Stefano Bagnoli alla batteria.