Una prima assoluta per due dei più grandi pianisti del mondo. Sì, Bach è in fondo già tutto lì, in quell’aria che apre e chiude il più bel ciclo di variazioni per tastiera mai scritto, gemma fra le gemme del compositore da cui tutto sembra nascere. Un ciclo sublime, etereo, che parte da un’esigenza molto pratica e quotidiana: il desiderio di riposare, di ritrovare il sonno e la pace.
Problema che il grande Bach poteva ben capire, visto il suo lavoro costante e indefesso, ma anche il suo amore per la vita in tutti i suoi aspetti: l’arte, certo, ma anche la famiglia, l’amore, il divertimento, il mangiare, il bere e naturalmente anche il dormire.
La biblioteca di Tor Marancia intitolata a Don Andrea Gallo
Il sublime di Bach nasce dal quotidiano, è trasfigurazione della bellezza del mistero più complesso e grande di ogni cosa: la vita. E dall’Aria delle “Variazioni Goldberg” parte anche la grande carriera bachiana di Ramin Bahrami: la sua prima incisione per Decca, i suoi primi concerti, il successo immediato e travolgente, la presenza nella classifica dei cd più venduti: Bach che, forse come non mai negli ultimi tempi, desta l’attenzione di tutti, patrimonio di un pubblico allargato. È anche grazie all’instancabile opera di diffusione di Bahrami, che oggi il grande “Kantor” è, in Italia e nel mondo, più conosciuto di prima.
“Bach in the moonlight” nasce da un piccolo miracolo, ed è Danilo Rea, grande pianista improvvisatore, con alle spalle un passato di studi classici, che intuisce ancor prima che questo miracolo accada, la genialità di poterlo realizzare.
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