La surreale autobiografia di Nino Frassica

La surreale autobiografia di Nino Frassica
di Carmine Castoro
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Giovedì 18 Dicembre 2014, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 19 Dicembre, 23:45
Intervistare Nino Frassica è come fermarsi per un pit-stop al box della realtà, montare le gomme per l’assurdo e ripartire a 300 all’ora su una pista dove la finzione e la verità si trasformano in una cascata di bolle di sapone, le descrizioni e i ricordi diventano un fantasmagorico circo linguistico e dove finanche le malinconie, i ricordi un po’ così e così, quel pestato di sangue e spirito siculo che scorre nelle sue vene, vengono trascesi e trasformati da una serpentina di calembour, assonanze, giochi di parole, e da una vellutata di tocchi simpatici che dà ad ogni cosa una vena gradevole e serena.



Figlio di quella comicità basata tutta sull’improvvisazione e su un candore quasi infantile da eterno Peter Pan, da guitto che sente la scena come un cantastorie la noia o la partecipazione sorridente del pubblico, Frassica ha mantenuto anche sulla pagina scritta di questa surreale autobiografia un gusto estetico per la battuta che rievoca i lazzi e i frizzi, i fuochi pirotecnici e la verve aneddotica e barzellettiera da maschera popolare che oggi, invece, sembra quasi soffocata da una congerie di pseudocomici che non ti strappano una risata manco sotto minaccia e da una satira politica che ha eletto le battaglie civiche a suo stendardo e traguardo.



Con Frassica si torna d’improvviso bimbi, indietro a Indietro Tutta, potremmo dire, la fortunata trasmissione arboriana che lo consacrò col suo faccione messinese a un chiaro e duraturo successo televisivo. A quel baldacchino dove sfoggiava giacche sbrilluccicose, dove mimava il re del Nulla, seguiva l’estro del momento, si destreggiava in un valzer di doppi sensi da cui ne usciva sempre vincente, riuscendo a dire tutto e il contrario di tutto con una faretra sempre piena di frecce stordenti, con quel ghigno baffuto che ha sempre anticipato di pochi frammenti di secondo lo scoppio di ilarità più liberatorio.



Se questo, dunque, è e sempre sarà il suo stile, cabarettistico e vitale, sembra assolutamente pertinente il sottotitolo della sua fatica Mondadori: “70% vera, 80% falsa”, perché mai come nel racconto di se stessi, forse, si è trasfigurati, traditi dalla memoria, ma sicuramente teneri nel proporre le cose più temibili, più difficili da superare con la mollezza di una nuvola di borotalco che a tutto dà una patente di dolcezza e di docilità. Come un pupo nella culla circondato di pupazzi e fantasmi.



Ecco allora sfilare alcuni “traumi” infantili, se così possiamo definirli, che sono stati anche segno del passaggio di un’epoca: l’avvento della televisione negli anni ’50, l’ingresso del “televisore” nelle case come scrigno magico e oggetto misterioso, i genitori di Nino che vogliono bene più a un vecchio Brionvega che non a lui, e poi la voglia di diventare come Terence Hill che furoreggiava nei film western delle sale parrocchiali, il “sudore e fango” con cui si avventurava da vero folle del paese verso una carriera artistica che si diceva buona per i miti americani o per i nullafacenti, alcuni amori disgraziati, gli aspiranti attori coetanei che non ce l’hanno fatta a vedere il loro nome sulle locandine teatrali che contano, le classifiche strampalate delle cose più importanti e necessarie della vita, montabili e smontabili come un mobile ikea, tipico lusso che si può permettere chi dopo essersi adattato a tutto gareggia con l’ondeggiare della realtà attraverso una smorfia istantanea.



Il libro veleggia dalla nascita ai giorni nostri, come direbbe lui, passando per i momenti più significativi della sua vita e della sua carriera: l'infanzia e la giovinezza in Sicilia, le prime esperienze in radio e teatro, l'incontro con Arbore e le trasmissioni che lo hanno reso celebre, fino ad arrivare alla fiction più seguita degli ultimi anni, “Don Matteo”. Un libro che scorre davvero fra fiction e nostalgia trovando l’equilibrio in un immaginario che sa di sofferenza e di riscatto, di disincanto e di fiaba senza ancora un lieto fine che non sia già il suo farsi narrare.



Due perle: “Sono nato l'11-12-1950 ma in effetti nessuno sa quanti anni io abbia. Qualcuno azzarda dei numeri: chi dice 100 anni tondi tondi, chi dice 99, qualcun altro 98 (...) in foto ne dimostro 10 in meno, dal vivo 20 in meno, da vicino 30 in meno, e a 10 km di distanza dimostro 18 anni”.

E sul giorno di nascita nel 1950: “Erano già le 7 e mezzo quella mattina dell'11 dicembre, e i miei genitori erano ancora indecisi se farmi nascere in casa o in ospedale. Mio padre preferiva che io nascessi in casa. Mia madre no: c'era troppo disordine, panni da stirare, i letti disfatti, in cucina c'era puzza di pesce fritto della sera prima. Fecero testa o croce con le mille di lire di carta. Lanciarono i soldi in aria, volarono e non li trovarono più”.



Il libro si afferma e si distrugge nella quarta di copertina, come un antibiotico fa con la salute che ci vuole restituire: “Da questo libro verranno tratti: un film, un disco, un musical, un profumo…e un liquore. Fatti personaggi libri parole e foto sono puramente immaginari. Sconto comitive. Ampio parcheggio custodito”. Il libro non contiene foto. Forse nemmeno le pagine contengono un libro…



Nino Frassica debutta in televisione nel 1985 con il varietà di Renzo Arbore “Quelli della notte”, seguito, due anni dopo, da “Indietro tutta” (1987). Dopo il successo ottenuto Frassica vanta partecipazioni a Fantastico, Domenica in, Scommettiamo che?, Ritira il premio, I cervelloni, Acqua calda. Sempre per la televisione, nel 1998 ha interpretato la serie “S.P.Q.R.”. Nel 1998 -1999 ha interpretato il maresciallo Cecchini, nella serie “Don Matteo”, accanto a Terence Hill. In campo cinematografico ha esordito con Maurizio Nichetti in “Il Bi e il Ba” (1985). Successivamente ha lavorato con Sergio Citti in “Mortacci” (1989), Carlo Vanzina in “Sognando la California” (1992) ed Enrico Oldoini (“Vacanze di Natale '91”, “Anni '90” e “Anni 90 II” e “Miracolo italiano”). Recentemente ha lavorato con Cristiano Bortone in “Sono Positivo” (1999) e con Anne Rita Ciccone in “Le sciamane” (2000). Nel 1987 ha vinto un “Biglietto d'oro” per la sua interpretazione in “L'aria del continente”, diretto da Antonio Calenda.



Nino Frassica “La mia autobiografia” (Mondadori, pagg. 190, euro 16,90)