Montserrat, da un quartiere di Buenos Aires agli schermi di tutto il mondo: la storia del carattere più in voga oggi

Montserrat, da un quartiere di Buenos Aires agli schermi di tutto il mondo: la storia del carattere oggi più in voga
di Benedetto Saccà
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Martedì 23 Marzo 2021, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 23:15

ROMA – È dappertutto. Ma letteralmente... Lo guardiamo ovunque, eppure non lo vediamo mai. In televisione, nelle pubblicità, su internet, sui cartoni della pizza, sui detersivi, nelle insegne dei negozi, su Google, sui volantini delle super offerte treperdue, perfino nei titoli della nostra Home Page (almeno fino al 2 giugno del 2021). È una sorta di filigrana della nostra vita – diremmo – estetica. Ma chi se ne accorge? E invece. Invece ci informa, ci spiega, ci restituisce (volendo) una certa idea di bellezza, forse di solidità, di energia, di armonia, addirittura di eleganza. Chi è, cos’è, perché è? Semplicemente, eccentricamente, sorprendentemente è monsieur Montserrat Typeface. O meglio. Il carattere (o il font oppure la font, come si usa dire a Milano) Montserrat. Chi? La foto qui sotto potrà aiutarvi.

Lo avete riconosciuto, no? Infatti. Ebbene. Questo carattere tipografico ha ormai grattugiato senza nessuna pietà la concorrenza nel nostro panorama visuale. A spanne, largheggiando giusto un po’, si può senz’altro dire che almeno un terzo delle scelte di font oggi ricade sul Montserrat. Ma il punto è (provare a) capire il motivo. 

Perché? Già, perché? Un’unica risposta di verità, chiaramente, non esiste: però qua e lì affiorano diversi affluenti che conducono diretti al fiume di una soluzione plausibile. Innanzi tutto bisogna dire che il Montserrat è nuovo, dal momento che è nato soltanto una decina di anni fa – tanto per capirci: il Times New Roman è del 1931, il Garamond addirittura del mesozoico XVI secolo. E poi. È serio ma non severo, il Montserrat. È elegante ma non aristocratico. Giovane ma non bambinesco. Semplice ma non banale. In una parola (che vuol dire tutto e nulla): moderno. E, di certo, appare ben avviato lungo la strada di indecente popolarità percorsa dal Comic Sans nel primo decennio del Duemila, quando nulla poteva essere pubblicato né aveva la benché minima chance di essere letto se non era stato stampato in Comic Sans. Una dittatura. Ma pure: una gran noia.

Come il Comic Sans, anche il nostro Montserrat è un carattere senza grazie o – per gli esperti del ramo – bastone, o sans serif, o soltanto sans. In sostanza. È un carattere privo dei tratti finali delle lettere e dei numeri: i tratti finali, infatti, si chiamano grazie. Cose da tipografi. I riccioli, ecco. Si rendono necessari alcuni esempi: caratteri senza grazie sono l’Arial, l’Helvetica e il Futura (che, tanto per capirsi, sarebbe il font con cui sono scritti i nomi delle città sui cartelloni blu nelle stazioni). Roma Tiburtina, Milano Rogoredo, Lamezia Terme C.le: ecco, quello là è il Futura. Senza grazie.

Senza grazie non significa però senza grazia. Il Montserrat, del resto, non è piovuto dal cielo, bensì è nato dalla mente (e dalla penna) di una donna (invero geniale) di nome Julieta Ulanovsky. «Vivo e lavoro in un quartiere tradizionale di Buenos Aires che chiama...Montserrat». Ed eccola spiegata l’aurora di un nome destinato a rotolare e a moltiplicarsi nell’infinito.

Adesso sappiamo che Montserrat è un quartiere di Buenos Aires. «I vecchi manifesti e le insegne di questo luogo mi hanno ispirato a disegnare un carattere che recuperasse la bellezza della tipografia urbana della prima metà del XX secolo.

L’obiettivo è salvare ciò che è a Montserrat», aggiunge lei. Che viaggio: dal passato al futuro senza fare scalo nel presente. Ci vuole del talento per compiere terrificanti acrobazie del genere, si capisce.

Racconta, Julieta, al sito Poetsversus.com. «Montserrat è uno stile geometrico che ha sottili regolazioni ottiche. Il risultato è una famiglia sans serif con più versioni e molteplici possibilità, sia in ambito editoriale che aziendale. È il risultato della mia tesi di laurea in design tipografico presso la facoltà di architettura, design e urbanistica dell’università di Buenos Aires. A quel tempo il progetto si chiamava Progreso perché mi piaceva l’idea di ritrarre ciò che cominciava a raccontare le città. E come quelle lettere avessero un aspetto particolare. Le lettere identificavano e scrivevano quel nuovo spazio e portavano novità: il cinema, il mercato, le tettoie. Il paesaggio urbano come nuovo palcoscenico dove le cose accadono. Tutto quello spirito del futuro e la sua correlazione  tipografica mi hanno attratto molto. Mi è sembrato che si combinassero con l’idea di velocità, industria, progresso, una certa fiducia nel progresso, come forse la vediamo oggi nella tecnologia», prosegue.

Fu subito Montserrat, quindi? «Il nome Progress era già stato preso e non potevo usarlo. Ho provato il nome di un bellissimo cinema di Buenos Aires, chiamato Gaumont, che peraltro ha la G che ho scelto per il mio carattere, ed era già stato occupato. Alla fine un giorno ho pensato a Montserrat, che poi è il mio quartiere. L’ho trovato musicale e con una pronuncia amichevole per diverse lingue. Ho provato ed era disponibile. E mi è piaciuto». E non solo a lei: a mezzo mondo ormai, che in qualche forma assurdamente oggi usa la sua grafia.

Insomma. Quasi per gioco, di certo per diletto, forse profittando di tonnellate di (invidiabilissima, tra l’altro) leggerezza d’animo, Julieta Ulanovsky nel 2011 ha pubblicato il proprio lavoro, non immaginando di sicuro che il suo bel font potesse decollare (da un quartiere di Baires) verso la stratosfera e poi atterrasse in ogni occhio della terra a impressionare miliardi di retine. 

Poi, d’accordo, è vero, nel tempo il carattere è stato rifinito e raffinato, è cresciuto ed è migliorato – come succede per il carattere della gente, almeno in teoria... E, nel 2017, Jacques Le Bailly ha rielaborato l’intero design latino. E non è mica tutto. Perché oggi, se mai doveste capitare a passeggiare casualmente sulla Tverskaja Ulica di Mosca in cerca di un souvenir a forma di colbacco, potreste trovarvi all’improvviso davanti a un’insegna scritta in modo maledettamente familiare. Anche lì. Essì, perché da poco esiste anche la versione del Montserrat in cirillico. Che storia. Nemmeno Napoleone riuscì a conquistare così la Russia...

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