Cancel Culture, cos'è e cosa significa la "cultura della cancellazione"

Viene usata quando ci si riferisce all'isolamento sociale di un individuo o di ciò che rappresenta

Cancel Culture, cos'è e cosa significa la "cultura della cancellazione"
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Martedì 18 Ottobre 2022, 17:23 - Ultimo aggiornamento: 17:54

La Cancel culture, cultura della cancellazione o dell'annullamento, è un'espressione nata e sviluppatasi tra la fine del 2010 e l'inizio 2020. Viene usata quando ci si riferisce all'isolamento sociale di un individuo o di ciò che rappresenta, che sia fisico, online, o sui social, per questo viene usato il termine "cancellazione". Ma in realtà, negli ultimi anni, il termine è stato utilizzato nei dibatti pubblici e virtuali su temi più ampi e legati soprattutto alla storia e a fatti - divisivi - avvenuti nel passato.

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Il dibattito

I critici più accaniti di questa terminologia sostengono che il suo significato abbia effetti nocivi all'interno del dibattito pubblico, poichè non porterebbe una miglioria sociale ma anzi rafforza razzismo e intolleranze. Al contrario coloro che invece sostengono il suo uso e significato sono invece convinti che gli appelli alla "cancellazione" sono essi stessi una forma di libertà di parola e che promuovono la responsabilità personale di quello che le persone affermano.

Un fenomeno linguistico e sociale in grado di dare voce alle persone senza diritti, senza nessun intento di boicottaggio nei confronti di nessun individuo. 

La "cancel culture" è stata motore di molti movimenti pro diritti civili come il #MeToo, il quale ebbe inizio nel 2017 dopo le rivelazioni pubbliche di accuse di violenza sessuale contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein

Il movimento che ha incoraggiato donne e uomini a denunciare i loro aggressori pubblicamente all'interno di forum, in cui tutte le accuse sarebbero state ascoltate, specialmente contro individui molto potenti. Da citare anche il "Black Lives Matter", che dopo la morte per soffocamente di George Floyd nel 2020, causata da un poliziotto che lo aveva immobilizzato per terra, ha cercato fin dalla sua nascita di evidenziare le disuguaglianze, il razzismo e la discriminazione nella comunità nera, denunciando ripeturamente l'uccisione di afroamericani da parte della polizia.

La cancel culture nella storia americana

Uno dei temi più dibattuti in America è stato quello legato allo schiavismo e alle giornate al quale questo sarebbe collegato. Il caso più ricorrente, è quello legato al Columbus Day (celebrato principalmente dagli italoamericani) e alle statue che rappresentano Cristoforo Colombo.

Quella dell'esploratore italiano è sempre stata materia divisiva negli Stati Uniti, i discendenti dei nativi americani considerano Colombo un conquistatore e uno schiavista, mentre un'altra parte dei cittadini americani lo considera colui senza il quale gli Stati Uniti oggi non esisterebbero. Una polemica sempre alimentata, ma che è tornata prepotentemente in auge dopo la morte di George Floyd. 

Un caso di cancel culture legata alla figura dello scopritore italiano, ma che, dati i temi dibattuti (razzismo e schiavismo) non esenta nemmeno i padri fondatori, è stato recentemente registrato a Chicago. Un comitato consultivo nato nel 2020, con l'intento di rimuovere dalla città tutti i monumenti di quelli che, secondo loro, sono stati artefici dello schiavismo coloniale americano, è insorto chiedendo immediatamete la rimozione di tutte le statue di Cristoforo Colombo dalla città e non solo. Il comitato avrebbe esaminato oltre 500 monumenti presenti in città raccomandando che ben 41 di questi vengano «rimossi, spostati, sostituiti o modificati per fornire un contesto aggiuntivo». Oltre a Colombo, ci sarebbe anche quella del padre fondatore Beniamino Franklin.

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