Massimo Cantini Parrini: «Il record di David Donatello è inaspettato»

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Sabato 30 Luglio 2022, 13:24 - Ultimo aggiornamento: 1 Agosto, 12:56

di Alessandro Rosi

Cinque David di Donatello per i costumi. Mai nessuno come lui nella storia del cinema italiano. Ma anche due candidature all'Oscar: nel 2021 per Pinocchio di Matteo Garrone e quest’anno per il Cyrano di Joe Wright. Tra i suoi costumi più amati c’è il vestito che Salma Hayek indossò nel film “Il racconto dei racconti” di Matteo Garrone, oggi conservato alla sartoria Tintorelli. Al Ventotene Film Festival 2022 riceve ora un riconoscimento europeo con il premio Vento d’Europa.

Quali emozioni ti dà ricevere un premio del genere?

È la prima volta che vengo in questo posto meraviglioso. È emozionante scoprire luoghi nuovi e festival che spero abbiano sempre più successo. È importante che in Italia ci siano dei festival che rendano grande il cinema.

Com’è nata la tua passione per i costumi?

È iniziata tanto tempo fa. Scoprii dei vecchi abiti di famiglia in degli armadi e così ho chiesto alle mie nonne e bisnonne perché l’avessero conservati. I racconti fatti da loro una volta che glieli mostravo, dopo tanto tempo che non li indossavano, mi aprivano un mondo. Ho iniziato così a studiare storia del costume. Prima storia dell’arte, poi il Polimoda, l’università con indirizzo costume, il Centro Sperimentale di Cinematografia. È una fortuna che da piccolo sono riuscito a incanalare gli studi per quello che sarà il mestiere futuro.

Tra i maestri hai avuto Piero Tosi. Come ha cambiato il tuo approccio al cinema?

Radicale. Le lezioni di Piero erano meravigliose. Adesso che lui non c’è più mi manca la sua figura, perché ogni volta che affrontavo un lavoro avevo bisogno di un maestro come lui che mi garantisse la qualità di ciò che stavo facendo. C’è anche Gabriella Pescucci, con cui ho lavorato tanto e con cui continuo a confrontarmi sempre.

Tra i tuoi ricordi con Piero Tosi che hai condiviso sui social scrivi che si arrabbiava con te quando gli presentavi una bozza non finita e volevi un confronto.

Lui si arrabbiava moltissimo con il disegno, perché non ero bravo. Ho migliorato al centro sperimentale, ma non era la mia espressione maggiore. Lui invece veniva da un’epoca in cui non c’era internet, e quindi l’espressione attraverso la mano era importantissima. Si disegnavano anche i costumi per le comparse. Oggi, con il pochissimo tempo che abbiamo a disposizione, il disegno si è un po’ perso. Purtroppo. Lavoriamo molto di più con la ricerca attraverso le immagini.

C’è un costume a cui sei più legato?

Ce n’è uno per ogni film, perché è un’idea che per mesi sviluppi. Quando poi nella sceneggiatura hai l’opportunità di far primeggiare un attore con un abito particolare è normale che ti affezioni.

Il costumista è un lavoro di squadra?

Assolutamente sì. Un costumista ha bisogno di assistenti, tagliatori, coloro che tingono. È molto difficile realizzare un vestito che poi deve essere ridotto in brandelli come in Pinocchio, per questo è importante il lavoro di squadra. C’è bisogno di tante persone, ma c’è sempre meno tempo. Quindi, come spesso, dico: “Meno tempo? Più gente che lavora”. Raccolgo premi in giro, ma è grazie a chi lavora con me, altrimenti non potrei andare da nessuna parte. 

“Tutto parte dalla scelta della stoffa”, hai scritto sui social. Come lavori un tessuto?

La stoffa è tutto. È la forma di un abito. È importante la ricerca attraverso le stoffe. Dedico moltissimo tempo alle campionature. A volte con i registi ci mettiamo a discutere sulla resa che il vestito avrà attraverso la stoffa.

Quale rapporto hai con i registi?

Ho lavorato con alcuni che hanno una cultura visiva immensa, e quindi ti aiutano e ti guidano. È una collaborazione. Devi convincerli su alcuni aspetti e loro te. È bello anche cambiare registi, per conoscere visioni diverse dalla tua. In Cyrano, ad esempio, avevo una visione ma parlando con il regista è completamente cambiata. Lo scambio arricchisce.

Su quale film stai lavorando ora?

Sarà su Enzo Ferrari, il momento delle mille miglia nel 1957. La regia di Michael Mann. Un film importante. Una scommessa.

Hai il record di 5 David di Donatello.

Tanta soddisfazione. Quando batti un record è sempre bello, e poi inaspettato. Perché i premi non sono mai annunciati prima.

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