Godzilla, l'attore Ken Watanabe: «Quel mostro è il grido di dolore della natura per la follia umana»

Godzilla
di Andrea Carugati
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Lunedì 19 Maggio 2014, 12:56 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 12:08
A sessant’anni dal film originale che ha fatto conoscere al mondo Godzilla arriva al cinema la versione firmata Gareth Edwards che vede riproporre alle nuove generazioni il lucertolone nato dopo la Seconda Guerra Mondiale per mettere in guardia l’umanità dai pericoli del nucleare.







Godzilla arriverà nelle sale di tutto il mondo il 15 maggio e porterà in buona parte del pubblico una nuova coscienza. Non tutti infatti sono a conoscenza del messaggio ambientalista di Godzilla, nella versione di Ishirô Honda del 1954, come nella nuova pellicola, in 3D, prodotta da Warner Bros che promette un piacevole mix di intrattenimento ed azione unita alla capacità di raccontare una storia più profonda e diffondere un messaggio.



Persino parte del cast ha fatto fatica a dire di sì perché pensava di avere a che fare solo con un lucertolone mostruoso. Bryan Cranston, indimenticabile Walter White nella serie televisiva Breaking Bad, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen, Juliette Binoche hanno accettato solo dopo le spiegazioni del regista.



Chi invece ne sapeva di più era Ken Watanabe che nel film interpreta il biologo Ichiro Serizawa, che per primo si rende conto del pericolo che sta correndo la terra e che per primo da un nome al mostro: Godzilla.



Ken Watanabe, una nomination all’Oscar nel 2004 per L’ultimo Samurai, racconta che cosa significa per un giapponese, la figura di Godzilla.



«Dopo la Seconda Guerra Mondiale, con quello che era successo a Hiroshima e Nagasaki, c'era bisogno di allertare le coscienze, il rischio era che gli uomini venissero affascinati dalle armi nucleari. Per questo Honda aveva creato Godzilla. Rappresentava quel pericolo, la natura che presenta il conto agli uomini che decidono di giocare a fare Dio sulla terra, che pensano di avere il controllo su tutto quando non è così.



Poi, 3 anni fa, noi giapponesi abbiamo avuto un'altra terribile esperienza con il nucleare, dopo il terremoto che ha colpito la nostra terra e che ha danneggiato le nostre centrali nucleari. E’ giusto dunque tornare a parlarne. Dopo 60 anni abbiamo le stesse paure sull'argomento, sui possibili disastri nucleari. Dopo tutti questi anni le cose che ci spaventavano allora non sono cambiate, siamo nella stessa situazione. Abbiamo bisogno di porre il nostro futuro più in controllo».



C’è da chiedersi come sia possibile che il Giappone, dopo Hiroshima e Nagasaki non abbia imparato la lezione e sia il paese che fa più affidamento all’energia nucleare.

«Quella del Giappone è un'esigenza economica, ma è fondata su presupposti sbagliati e questa è una delle ragioni per cui ho voluto fare questo film. Davvero abbiamo bisogno dell'energia nucleare, non ci sono mezzi migliori, più puliti, più sicuri, per creare energia?».



Godzilla è una metafora?

«Lo è. Il grido di Godzilla, così forte e così lungo, è un urlo di tristezza. Per me Godzilla rappresenta il grido di dolore della natura per la follia umana. Ed è anche un messaggio di speranza. Godzilla distrugge il Golden Gate a San Francisco e l'aeroporto di Honolulu, ma alla fine l’uomo più ricostruire le città distrutte. C'è una qualche speranza. Godzilla esiste così che noi possiamo rinascere con una maggiore coscienza».



E’ per questo che ha voluto far parte di questo film?

«Sì, perchè è un moster-movie, un film di cassetta, ma la sua anima è diversa dagli altri film del genere, è più profonda, ci sono dei sentimenti e soprattutto in questa versione c’è il rispetto per l'originale».



A proposito di rispetto, sembra che il suo personaggio ammiri Godzilla.

«Il Dottor Serizawa è uno scienziato, è un biologo e suo padre fu un sopravvissuto di Hiroshima. Proprio a causa di questo retroterra lui scopre l’esistenza di Godzilla. Ne ha paura, teme una forza sulla quale l’uomo non ha alcun potere e nello stesso tempo la ammira».



Lei pronuncia la parola Godzilla in maniera molto diversa.

«E’ così che andrebbe pronunciata, alla giapponese. Ne è nata quasi una lite sul set, volevano che lo dicessi all’inglese, ma Godzilla è giapponese, mi sono rifiutato».



Ha mai pensato di trasferirsi a Hollywood.

«No, nel mio paese sono un buon attore, a Hollywood avrei fatto parti da giapponese con l’accento».



Lei infatti è una celebrità nel suo paese.

«Ma per strada non mi ferma nessuno. C’è un’altra cultura da noi. Non ci sono paparazzi».



Lei deve molto a Tom Cruise che l’ha voluta in L’Ultimo Samurai. Siete in contatto?

«Qualche volta ci mandiamo qualche email, ma siamo entrambi molto indaffarati. Ho un bel ricordo ed è vero: gli sono molto grato, mi ha aperto le porte del mondo».
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