Gabriele Muccino: «Italia meglio degli Usa. Garrone? L’America l’ha penalizzato: è bianco e dirige neri»

Ospite degli Stati generali del cinema a Siracusa, il regista ha parlato del suo nuovo film, “Senza fine”, in sala a ottobre: «Ci sarà una rapina. E l’amore»

Gabriele Muccino: «Italia meglio degli Usa. Garrone? L’America l’ha penalizzato: è bianco e dirige neri»
di Gloria Satta
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Domenica 14 Aprile 2024, 00:15

Intelligenza artificiale: è, come sostengono un po’ tutti, il nemico numero uno destinato ad annientare il cinema? «Non credo. La tecnologia può semmai rappresentare un’opportunità, può aiutare l’industria a spendere meno permettendole di ricostruire scenografie e location», risponde Gabriele Muccino, un autore che non si è mai accontentato di risposte scontate o slogan, «ma un fatto è sicuro: le macchine, che rielaborano contenuti già esistenti, non potranno mai sostituirsi alla creatività umana, cioè allo sceneggiatore e al regista, e non daranno mai vere emozioni. Per realizzare un buon film bisogna rompere gli schemi». 

IL DIBATTITO

Ospite degli Stati generali del cinema nel Castello Maniace di Siracusa, la riunione plenaria che in questi giorni vede la partecipazione massiccia di autori, produttori, attori, distributori accolti dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè, Muccino ha preso parte alla tavola rotonda sull’intelligenza artificiale insieme con i colleghi Paolo Genovese, Pietro Messina, Roberta Torre. 

Tra incontri e panel, dibattiti e focus, scopo degli Stati Generali è ridefinire identità e percorsi del cinema che, prima piegato dalla pandemia e sempre più incalzato dallo streaming, sta affrontando una trasformazione epocale. «Il pubblico, proprio grazie alle piattaforme che lo bombardano di serie di alta qualità, ha raffinato i propri gusti», osserva il regista 56enne, «ormai esce di casa solo per vedere film-evento, quelli che un tempo si sarebbero chiamati d’essai. Al cinema, dalla fine degli anni Sessanta, manca il prodotto medio di alta qualità». 
E come spiegherebbe il successo fuori misura, cioè i 37 milioni incassati, dell’opera prima di Paola Cortellesi C’è ancora domani? «Proprio come il mio Ultimo bacio, che nel 2001 travolse il botteghino e divise l’opinione pubblica, quel film ha toccato un nervo scoperto utilizzando un linguaggio originale, inedito e scatenando il dibattito», risponde Muccino.

E Io capitano di Matteo Garrone avrebbe meritato l'Oscar? «So che ha fatto fatica a trovare una distribuzione, per via della cultura della cancellazione: il regista bianco che dirige film sui neri non funziona. Oggi succedono cose incredibili: io ho diretto due volte un afroamericano, senza problemi». Quando al suo nuovo film Senza fine, girato a Palermo, interpretato da Saul Nanni, Lorenzo Richelmy e Elena Kampouris, nelle sale il 31 ottobre, «sarà il più forte e impetuoso dei miei lavori», promette Gabriele.

LA SUSPENSE

«La storia si svolge nell’arco di 24 ore in cui i protagonisti sono chiamati a fare scelte decisive a costo di finire in un gorgo inaspettato, che è poi il gorgo della vita, arrivando a diventare dei criminali. Pur non essendo il classico film di genere, Senza fine mescola una rapina a una storia d’amore, il sangue alla suspense. Avevo molta voglia di tornare al cinema dopo le due stagioni della serie Sky A casa tutti bene, che mi ha spinto a raccontare le relazioni umane con colori più scuri». Non ci sarà il terzo ciclo: «Ho già mandato all’aria una famiglia rimanendo credibile, cos’altro potrei raccontare?», si chiede sorridendo Muccino. Si rassegnino i fan della serie: Francesco Scianna, che ha ucciso un uomo, sembra destinato a marcire in galera. 

LA MEMORIA

Riuscirà il cinema italiano a ritrovare la sua forza? «Oggi ognuno si crea il proprio orizzonte», risponde il regista, «mentre un tempo c’era una visione collettiva. La memoria non è tramandata né dalla televisione né dalla scuola, mentre un tempo il nostro cinema era il più potente del mondo dopo Hollywood». A proposito, lui tornerebbe in America? «Potrei farlo solo per girare un film veramente interessante, ma non ci vivrei più. Sono tornato in Italia da sette anni e non ho mai smesso di lavorare: ho ritrovato il mio luogo vero, sto benissimo qua». 

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