Cinema, Saccà: «Racconterò la storia dei De Filippo. RaiPlay? Con 10 euro in più di canone può battere Netflix»

Cinema, Saccà: «Racconterò la storia dei De Filippo. RaiPlay? Con 10 euro in più di canone può battere Netflix»
di Ilaria Ravarino
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Martedì 13 Aprile 2021, 17:27 - Ultimo aggiornamento: 8 Maggio, 16:55

Fondatore nel 2011 di Pepito Produzioni, dopo una lunga e movimentata esperienza ai vertici della Rai (direttore di Rai1, poi di Rai Fiction e Direttore Generale nel 2002), il calabrese Agostino Saccà a 77 anni è a capo di un’impresa familiare considerata tra le più vivaci nel panorama cinematografico italiano. E dopo aver incassato 27 nomination ai David, tra cui quella al miglior produttore, Saccà mette in cantiere altri due film. Il primo è la commedia di Giovanni Dota "Koza Nostra", coproduzione ucraina destinata a conquistare un pubblico trasversale di critici e intenditori: «L’attrice Irma Vitovska recita nei panni di Vlada Koza, una donna che finisce in Sicilia perché sua figlia sposa un carabiniere, e va a fare la tata a casa di un mafioso. È una storia alla "Quasi Amici" – dice Saccà – ma anche una commedia d’azione con scontri a fuoco e inseguimenti». Attualmente in edizione è invece "I Fratelli De Filippo" di Sergio Rubini, «una storia di ferite e riscatto, con i giovani De Filippo che non vengono riconosciuti dal padre. C’è Giannini che fa il padre, Biagio Izzo il figlio Vincenzino, Marisa Laurito la mamma e Salemme l’agente, quello che aiuta i due ragazzi a emergere. Li interpretano due attori napoletani di 24 e 28 anni, talenti strepitosi».

Le nomination ai David: se lo aspettava?

«"Hammameth" ne ha ricevute 14 e ne sono felice, perché lo considero un film necessario e perché è stato prodotto da mia figlia Maria Grazia. "Favolacce" è stato prodotto invece da mio figlio Giuseppe: per lui è stato un battesimo del fuoco. I fratelli D’Innocenzo sono due maestri, nella scia del cinema newyorkese anni ‘70 e ‘80».

Per Gabriele Muccino il loro cinema è “noioso”. Che ne pensa?

«A me Muccino piace, trovo che giri molto bene. La polemica se la poteva risparmiare, ma l’ego fa parte di questo mondo. Se non ci fosse la vanità non esisterebbe il cinema».

Dopo "Favolacce" suo figlio Giuseppe ha lasciato Pepito. Cosa è successo?

«Nessuno strappo. Nei 10 anni che è stato in Pepito, 8 li ha passati nella mia stanza. Come il grande sarto che ha il figlio a bottega, per me è un dolore non averlo accanto ma era necessario che lasciasse la casa del padre. E l’ha fatto in maniera splendida, con un'azienda che fa parte di una multinazionale importante (la 3zero2tv, parte di Euro Media Group, ndr), da responsabile dei contenuti. Speriamo di collaborare in futuro».

Si dice di un contenzioso legale tra Pepito e Mediaset. È vero?

«C'è da tempo un contenzioso, ma credo che nelle prossime settimane usciremo più amici di prima. Chiudiamo con una transazione buona per entrambi.

Noi rinunciamo a delle cose, loro ad altre. Sostanzialmente ci viene aperto il mercato Mediaset».

Siete ancora amici con Silvio Berlusconi?

«Sì, sì. Non abbiamo mai smesso di essere amici». 

Per curiosità, gli è piaciuto "Hammamet"?

«So che a Gianni Letta è piaciuto moltissimo».

Il Ministro Dario Franceschini: un anno fa lo trovava “distratto”. E ora?

«Lo promuovo. Quella che mi sembrava distrazione, col senno di poi era solo uno studio della situazione. Ha aumentato le disponibilità per il comparto cultura. Ci ha dato il tax credit al 40%, che ci ha permesso di affrontare la pandemia. Sui De Filippo abbiamo avuto 19 casi Covid, su Koza Nostra 17 tra cui i tre protagonisti».

Sale - piattaforme: quale futuro?

«Contrariamente a tanti io penso che la sala avrà lunga vita. Ci sarà sempre un 15, 20% del pubblico che amerà andare al cinema. E la percentuale potrebbe crescere con una politica intelligente, come in Francia».

E a voi produttori tornerà la voglia di mandare i film in sala?

«Dipende. Sarà conveniente mandare il film in sala se è un film da sala. I film naturalmente da piattaforma che ci vanno a fare in sala?».

E quali sarebbero?

«Certe commedie. Certi generi: il poliziesco l’action, il family, quelli che hanno già un loro pubblico definito, che se li va a cercare sulla piattaforma».

Rai: l’ad Fabrizio Salini e il presidente Marcello Foa li promuove?

«Contano i risultati nelle cose. Sempre. Sicuramente potevano avere più coraggio, stare più attenti al taglio dei costi fissi, piuttosto che tagliare le risorse per chiudere il bilancio quasi in pareggio. Hanno avuto fretta».

Le è piaciuto Sanremo?

«Sanremo è stato Sanremo, hanno fatto bene a farlo. Le tradizioni non si interrompono. È come la messa cantata nella notte di Natale. Perché nel mio Sanremo con Fazio abbiamo fatto gli ascolti migliori della storia? Perché era sempre la messa cantata, ma c’era un cane che faceva pipì in chiesa. Una leggerissima rottura dello schema narrativo».

Quali sfide aspettano la tv pubblica?

«In una condizione come questa, in cui le piattaforme crescono in maniera esponenziale, la Rai ha gli strumenti per competere. Ha RaiPlay con otto milioni di utenti. Ma non ha le risorse. Io dico: perché sui 90 euro di canone non ci si aggiungono 10 euro per RaiPlay? Ci vogliono i soldi per fargli fare il suo mestiere: 10 euro di canone significano 220 milioni di euro per la nostra piattaforma. E con questi soldi, ne sono sicuro, RaiPlay la può vincere la sfida ad Amazon e a Netflix. Perché non ci pensa nessuno?».

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