Julian Barbour: «La matematica è come l'arte allo stato puro, parola di fisico»

Barbour ha studiato matematica a Cambridge e fisica a Monaco di Baviera ma non ha mai fatto il professore: il suo campo d'elezione è la ricerca pura

Julian Barbour: «La matematica è come l'arte allo stato puro, parola di fisico»
di Riccardo De Palo
4 Minuti di Lettura
Domenica 23 Aprile 2023, 19:42


La freddezza della matematica può sembrare antitetica rispetto al calore dell'arte e della creatività. Invece, le affinità sono moltissime, e insospettabili. A sfatare questo luogo comune è Julian Barbour, fisico e filosofo inglese,  ospite d'eccezione del Festival delle Scienze all'Auditorium Parco della Musica di Roma, con la conferenza intitolata "Matematica e immaginazione". Barbour ha studiato matematica a Cambridge e fisica a Monaco di Baviera ma non ha mai fatto il professore: il suo campo d'elezione è la ricerca pura. Ha 86 anni, tre figli e otto nipoti e vive in una grande casa di campagna un po' fuori del tempo, nell'Oxfordshire; ed è proprio il tempo il fulcro di tutte le sue ricerche, la sua passione suprema. A partire dal suo volume più noto, "La fine del tempo", fino all'ultimo "Il punto di Giano" (Einaudi).

Il tempo della creatività

«Com'è che il tempo - si chiede Barbour - ha creato non soltanto il mondo fisico degli atomi e delle galassie, ma anche poeti, pittori e compositori?».


Cosa hanno in comune matematica e creatività?
«La struttura. Pensi alle parole di Teseo che parla di immaginazione, in Sogno di una notte di mezza estate, forse la migliore caratterizzazione di questa parola in lingua inglese: "L'occhio del poeta, roteando in sublime delirio, va dal cielo alla terra e dalla terra al cielo, e mentre la fantasia produce forme ignote, la sua penna le incarna, ed all'etereo nulla dà dimora e nome"».
«Le opere di Shakespeare sono state una grande gioia nella mia vita», dice lo studioso che ha anche «introdotto surrettiziamente» nel suo libro frasi sparse del Bardo senza nominare la fonte: la caccia alle citazioni è aperta. Barbour usa, talvolta, complicate formule per spiegare le sue teorie. «Giovanotto, la matematica non si capisce; alla matematica ci si abitua», spiega lui con una frase famosa di John von Neumann.

Quindi l'arte drammatica e il mondo della scienza sono da considerarsi affini?
«Pensi alla Dodicesima notte, quando Feste tormenta Malvolio. "That that is, is" (bisticcio intraducibile, "ciò che è, è", ndr) è un passo pieno di strutture matematiche. Purtroppo, nel testo della conferenza che terrò a Roma, ho dovuto tagliarlo.

Ma è un lavoro teatrale molto profondo, di altissimo livello. Io sono un fisico teorico, non un artista o un musicista. Ma sono interessato anche a queste cose».


Il suo ultimo libro sembra mostrare un'ossessione: come invertire il corso del tempo. È così?
«Più che altro, cerco di spiegare cosa sia la cosiddetta freccia del tempo. Siamo tutti consapevoli del tempo che passa, abbiamo memorie del passato, sappiamo che stiamo invecchiando insieme agli altri, e che non vedremo mai nessuno che, al contrario, ringiovanirà. Sembra una certezza consolidata, da almeno 170 anni. E questo perché? Perché le leggi della natura prevedono una direzione del tempo. Bene, io e i miei collaboratori abbiamo cercato di trovare una teoria alternativa».


Lei cita molto Shakespeare, nel suo ultimo libro.
«Sì, molto. Quello che c'è di interessante, nel mio libro, è proprio alla fine, nelle ultime pagine. Mentre stavo scrivendo, ho capito cosa sia davvero il tempo».


E cosa è, secondo lei?
«Non è una idea così radicale, perché è un qualcosa che si sta cercando di fare da sessant'anni, nell'intento di unificare le teorie della gravità di Einstein e la meccanica quantistica. Noi, per capire il tempo, guardiamo l'orologio. Ma per misurare il tempo dell'Universo servono altri metodi. Come cambia la struttura, mentre si accresce il suo volume? Basta guardare alla sua complessità, la più fondamentale descritta da Newton. E si tratta di una teoria che ha implicazioni sorprendenti».


Vale a dire?
«Ernst Mach disse che il tempo non esiste e che è impossibile misurare i cambiamenti delle cose attraverso il tempo. Invece, il tempo si misura attraverso il cambiamento delle cose. Mach mi ha influenzato molto. Così come Tolomeo e Keplero, che erano incredibili scienziati. Ma io sono l'unico ad avere detto che bisognerebbe studiare l'Universo come se fosse dentro una scatola».


È una teoria suggestiva. Ma ce n'è anche un'altra, molto discussa. Esistono tanti Universi?
«Sono scettico sull'idea del Multiverso, così come viene comunemente presentata. Comincio però a credere nell'idea di molti Universi, perché ogni singola soluzione della teoria di Newton è un Universo a sé stante».

© RIPRODUZIONE RISERVATA