Osimhen, la nuova maschera di carbonio e kevlar gli regala "superpoteri". Il chirurgo: è ancora necessaria

Tartaro: l'abbiamo realizzata seguendo anche le sue indicazioni

Osimhen, la nuova maschera di carbonio e kevlar gli regala "superpoteri". Il chirurgo: è ancora necessaria
di Maria Pirro
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Giovedì 13 Aprile 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:41

Oggetto cult. Dolce sulle torte, di stoffa indossata più di quella di Zorro a Carnevale, cucita nelle mercerie, venduta a due euro sulle bancarelle nella città tinta d’azzurro.

Iconica, anti-sfiga, salva-campionato: tant’è che, quando l’ha smarrita, Victor Osimhen si è infortunato ancora e solo con una nuova, quasi identica all’originale perduta, ma in carbonio e kevlar, si è detto pronto a tornare in partita: dopo un anno e mezzo, il bomber del Napoli, che avanza verso il terzo scudetto, non si toglie più la maschera che gli fa vincere di tutto. A idearla un chirurgo maxillo-facciale, Gianpaolo Tartaro, assieme a due colleghi.

Professore, a cosa si deve la maschera di Osimhen?

«In principio, all’esigenza di far tornare il calciatore in campo il prima possibile, ma proteggendolo da eventuali altri traumi facciali dopo il terribile incidente di gioco avvenuto durante la sfida contro l’Inter, nel 2021».

Allora l’attaccante azzurro fu trasferito d’urgenza in clinica per ricomporre cinque fratture scomposte pluriframmentate allo zigomo sinistro, che coinvolgevano anche l’orbita.

«Lo operai, e mi resi subito conto che era l’unica soluzione per consentirgli una ripresa veloce. Riduce il rischio di recidiva del 98 per cento: ho appena scritto un lavoro scientifico sul risultato raggiunto».

Com’è stato realizzato il presidio medico?

«Da un calco del volto tramite la riproduzione in 3D, con lo scanner: a partire da quello, i tecnici hanno impostato una prima maschera. L’ho esaminata e perfezionata, chiedendo di rendere possibili determinati movimenti e chiedendo di distanziarla in alcuni punti dal volto, per evitare che un nuovo trauma si potesse ripercuotere su zigomo e mascella, ovvero in corrispondenza delle incisioni praticate per ricomporre le fratture».

È stato un lavoro di squadra?

«Esatto. Il fisioterapista e tecnico ortopedico Roberto Riccardo Ruggero ha assemblato i fogli in carbonio, che compongono la maschera, ma prima Raffaele Canonico è stato fondamentale per l’enorme esperienza che ha come medico sportivo del club».

Si è tenuto anche conto delle indicazioni di Osimhen?

«Certamente, lui ha contribuito alle modifiche.

Ricordo che Victor con Raffaele ha discusso a lungo sul “colpo di testa”, perché la maschera non lo limitasse nelle azioni, e devo dire che, vedendolo in partita, non gli crea alcun problema: anzi, ha segnato di testa subito, al rientro, dopo la riabilitazione».

Il colore, da che dipende?

«Semplice: il nero è il colore del carbonio, il materiale utilizzato per realizzare la maschera».

Senza loghi, senza niente nella prima versione.

«Osimhen l’ha voluta così: quanto più naturale possibile, piccola e leggera. Pesa quasi zero grammi: le molle che la sostengono sono più pesanti della maschera in sé».

Resta utile anche adesso?

«Certo. Finché vince il Napoli, tutto è utile e, soprattutto, da napoletano, tifoso, ex sportivo, oltre che da chirurgo, credo che un po’ di scaramanzia sia d’obbligo in questa circostanza».

Gliela prescrive, dunque.

«Osimhen deve usare la maschera, in campo appare anche più sicuro». Lei segue ancora il calciatore? «Non è necessario: il mio compito è finito. E poi, c’è Canonico al suo fianco».

Un anno e mezzo fa, si sarebbe aspettato un recupero così rapido e straordinario?

 «Difficile rispondere con il senno di poi. Di certo, questi “super poteri” non dipendono dalla maschera, ma da Victor: è un fenomeno. Da un quadro clinico tanto complesso, mica sono tanti quelli che ne escono in modo così stupefacente».

La maschera ha dei limiti?

«Può proteggere il volto parzialmente, solo fino al labbro superiore: nella zona inferiore è impossibile creare un presidio adatto senza che diventi una sorta di casco integrale».

Ma con un casco non si può giocare a pallone...

«Difatti, Miguel Ángel Britos dovette restare fermo per più di 100 giorni dopo il match Napoli-Juve, nel 2013, quando riportò una frattura ugualmente grave, ma all’angolo della mandibola. Ora il portiere Alex Meret, che si è fratturato il naso, è invece potuto rientrare con un’altra maschera personalizzata...».

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