Maestro di sci a 92 anni: «Questa è la mia vita, mi fa bene»

Gianni Salvoldi dal Monte Pora, sulle Alpi bergamasche: «Tutto l’anno faccio sport all’aperto. Prendo un uovo al giorno e molta frutta, cose che non avevo da ragazzo. E un bicchiere di vino a cena, in compagnia delle persone care»

Gianni Salvoldi, 92 anni
di Stefano Ardito
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Giovedì 14 Marzo 2024, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 07:31

La ricetta per vivere a lungo? Fare sport, stare all’aria aperta, divertirsi.

La storia di Gianni Salvoldi, che a luglio festeggerà i 92 anni ma continua a fare il maestro di sci al Monte Pora, sulle Alpi bergamasche, può essere sintetizzata così. Oggi quasi tutti i 2.550 maestri di sci della Lombardia potrebbero essere suoi figli o nipoti. Ma Gianni, classe 1932, continua a insegnare sulle piste. «Mio padre era contadino, e dopo la guerra ho iniziato a lavorare insieme a lui. Più tardi ho fatto il falegname e il carpentiere, poi ho lavorato per 25 anni in fabbrica, da metalmeccanico. Quando sono andato in pensione, lo sci è diventato il centro della mia vita» racconta il maestro Gianni, alla fine di una giornata di lavoro sulla neve. 
Salvoldi scopre il piacere di sciare da bambino, sui prati innevati di Premolo, il paese dov’è nato nella Bergamasca. Gli sci sono tavole di legno ricavate dai boschi, legati alle scarpe con un pezzo di fil di ferro. Non esistono skilift o seggiovie, si sale a piedi e poi si scende. L’unica alternativa è tuffarsi sul pendio con uno slittino, anch’esso fatto in casa. «Erano proprio altri tempi, in quegli anni nevicava tantissimo. Le tute termiche di oggi non c’erano, in famiglia eravamo poveri, ho sciato tante volte con i pantaloni corti addosso. Il freddo era terribile, ma io mi divertivo moltissimo. Ho capito che nella vita avrei voluto sciare il più possibile» aggiunge il maestro dei record. 

TRA GLI ALPINI

Il giovane Gianni, già quando fa il contadino o il falegname, a sciare se la cava proprio bene. Durante il servizio militare tra gli Alpini diventa un istruttore di sci. Nel 1967, quando lavora in fabbrica, prende il brevetto di maestro. Poi per decenni, nei weekend da dicembre alla fine dell’inverno, si dedica a insegnare agli allievi che salgono da Bergamo e dalle altre città di pianura. Non c’è solo lo sci, nella vita sportiva di Gianni Salvoldi. «Dopo la fabbrica mi sono guardato intorno, ho preso in gestione un centro sportivo, dalla primavera all’autunno mi sono dedicato a insegnare tennis. In estate, quando ho tempo, faccio passeggiate in montagna. Faccio e ho fatto sport all’aria aperta tutto l’anno, evidentemente mi fa bene» sorride. 
Quando si cerca di capire se dietro alla salute e alla forza del maestro Salvoldi c’è un segreto, lui si schermisce, allarga le braccia. «Mangio un po’ di tutto, ogni giorno mi concedo un uovo, pensando a quando non ce lo potevamo permettere.

Mangio tantissima frutta, e anche quella è una cosa che ho potuto avere soltanto da adulto. In tempo di guerra la frutta non c’era, e quando potevamo rubavamo un po’ di mele e ciliegie sugli alberi». Tutti i giorni, o quasi, il maestro di sci del Monte Pora non si nega un po’ di alcol: «A cena bevo un bicchiere di vino, mi piace. È soprattutto un modo per stare insieme, per sentirsi bene con gli amici e con le persone care». 


IL RICONOSCIMENTO

In Lombardia, la lunga carriera di Gianni Salvoldi è stata premiata. Lo scorso 6 dicembre, nel Palazzo Pirelli di Milano, il presidente del Consiglio regionale Federico Romani lo ha premiato con una pergamena e una medaglia. C’erano anche l’assessore allo Sport (ed ex campionessa di sci) Lara Magoni, il presidente dei maestri di sci della Lombardia Gloria Carletti e naturalmente Mary e Debora, le due figlie di Gianni. «Attraverso lo sci, ha contribuito a promuovere valori fondamentali per lo sviluppo di una società sana quali il merito, l’impegno, il sacrificio, la determinazione. Mai mulà, tegn dur, come dicono i bergamaschi generosi come Gianni» ha detto quel giorno il presidente Romani.
Quindici anni fa, nel 2009, un episodio che il maestro di sci del Monte Pora racconta nei minimi dettagli. «Durante una giornata di lavoro sulle piste, senza cadere, ho avuto una lussazione dell’anca. Dieci anni prima ero stato operato, in ospedale i medici mi suggerirono di smetterla con lo sci. Ma non potevo certo farlo. Così, mi sono messo una fascia, e ho ripreso». Sciare con quella fasciatura all’addome, però, causa a Gianni Salvoldi dei problemi intestinali. Si sottopone a dei controlli, e viene fuori che ha un cancro al colon, che viene preso in tempo e guarito. «Probabilmente se non avessi insistito per continuare a sciare oggi non sarei qui. Si può dire che è stato lo sci a salvarmi» racconta. 


CON I PIÙ PICCOLI


Oggi, se c’è neve e ci sono gli allievi, il maestro Gianni continua a insegnare a sciare tutti i giorni. Se la neve è primaverile e morbida, o quando ha nevicato da poco, resta sugli sci anche sette, otto ore ogni giorno. «Con la neve artificiale, invece, cerco di sciare pochissimo. È dura come l’asfalto, se si cade ci si fa male, preferisco non rischiare». Salvoldi insegna ad allievi di ogni età, ma preferisce i bambini. «Con loro è bellissimo, è il lavoro che preferisco. Mi diverto io, si divertono loro, e qualche volta anch’io imparo come si devono spiegare le cose - racconta sorridendo - Mi ricordo di una bimba che aveva paura a curvare perché teneva il peso sullo sci a monte. Io continuavo a dirle “ma no, metti il peso a valle”, e lei faceva sempre lo stesso errore. Poi si è fermata, ha trovato il coraggio, e mi ha chiesto “scusa maestro, mi dici da che parte è la valle?” Quel giorno abbiamo imparato qualcosa tutti e due. Lei dove è la valle e io come spiegarmi meglio».

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