Farmaci, ecco la riforma della Ue: tempi più rapidi e maggiore diffusione per quelli innovativi. Protestano le case farmaceutiche

Ridotta l'esclusiva di mercato

Farmaci, ecco la riforma della Ue: tempi più rapidi e maggiore diffusione per quelli innovativi. Protestano le case farmaceutiche
di Gabriele Rosana
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Giovedì 11 Maggio 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:48

E' la più imponente revisione delle regole del gioco in oltre vent’anni.

E, viste le reazioni delle aziende, tutto fa presagire che non avrà vita facile. Dopo tre rinvii consecutivi, la Commissione europea ha presentato la riforma della legislazione farmaceutica Ue, l’ultimo grande dossier in materia sanitaria di una legislatura Ue che, segnata dalla pandemia, ha fatto fare alla costruzione dell’Unione della salute più di un passo avanti. Adesso, l’esecutivo lancia il mercato unico dei medicinali, con l’obiettivo, da una parte, di migliorare l’accesso alle cure innovative e la diffusione, e, dall’altra, di evitare le carenze sugli scaffali.

IL PIANO

Per farlo, Bruxelles interviene anzitutto sulla protezione della proprietà intellettuale dei farmaci e scommette su un avvento più tempestivo e capillare dei generici: non si tratta, tuttavia, di modificare la durata dei brevetti in senso stretto (che rimane invariata), ma di ridurre l’esclusiva di mercato per i medicinali innovativi. Oggi i tempi di attesa per un nuovo farmaco variano tra i quattro mesi e i due anni, con il 90% della disponibilità nei Paesi più ricchi e appena il 10% altrove. «Il posto in cui vivi non deve essere in grado di determinare se vivi o se muori», è lo slogan fatto proprio dalla commissaria alla Salute Stella Kyriakides, secondo cui «saremo in grado di dare nuovi medicinali a circa 70 milioni di persone in più».

L’approccio scelto dalla Commissione è quello del bastone e della carota: la tutela dei diritti viene, di regola, ridotta dai dieci anni attuali a otto, ma questa può tornare a espandersi seguendo una schema di incentivi a scatti, se la casa produttrice deciderà di garantire un accesso uniforme al farmaco in tutti i Ventisette entro due anni dall’immissione in commercio della terapia. Al riparo dalla tagliola Ue vengono messe pure le cure innovative che rispondono a esigenze mediche fino a quel momento non soddisfatte e gli studi che producono dati clinici comparativi: in questi casi, l’azienda potrà aggiungere anni di tutela supplementari fino a giungere a un massimo di 12. La durata per le terapie per le malattie rare sarà, invece, di nove anni, con la possibilità di estenderla fino a 13. Con la riduzione del periodo standard di tutela regolamentare, i medicinali generici potranno essere commercializzati prima, così contenendo i costi per i pazienti e per i sistemi sanitari nazionali - stima Bruxelles -, ma se un’impresa lo vorrà, con i premi supplementari potrà portare l’esclusiva di mercato in Europa a livelli analoghi se non superiori ai concorrenti Cina, Stati Uniti, Israele, Canada e Giappone.

LE CONTESTAZIONI

 Secondo le critiche dei rappresentanti dell’industria farmaceutica, però, si verrebbe a creare un sistema macchinoso che potrebbe non bastare a trattenere le aziende nell’Ue, che negli ultimi vent’anni ha già perso il 25% degli investimenti in innovazione, lasciando il passo a cinesi e americani. Prima di diventare definitivo, il pacchetto (che prevede pure procedure di autorizzazioni più rapide, incentivi allo sviluppo di nuovi antibiotici e foglietti illustrativi elettronici accanto ai tradizionali bugiardini cartacei) dovrà essere approvato dall’Europarlamento e dai governi riuniti nel Consiglio, dove Italia e Germania hanno già segnalato la volontà di introdurre maggiori garanzie per le case farmaceutiche. Che la politica sanitaria industriale sia al centro delle preoccupazioni dei Ventisette lo dimostra anche un’iniziativa parallela, coordinata dal Belgio e che ha messo insieme altri 18 Paesi Ue, tra cui il nostro, attorno a un documento congiunto in cui si chiede a Bruxelles di ripetere con i principi attivi dei farmaci la strategia adottata per i microchip: puntare sul “made in Europe” per ridurre radicalmente la dipendenza da Cina e India.

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