Sanremo, cantare? Un'arma contro il declino cognitivo

Il laboratorio realizzato al Cto di Napoli Il neurologo Bruno Ronga: «Musica e coro hanno favorito l’espressione dei pazienti»

Franco Branco, ex direttore di sala del teatro di San Carlo, presidente dell’Unione musicisti e artisti italiani
di Maria Pirro
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Giovedì 8 Febbraio 2024, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 08:25

È una questione di famiglia, forse la più dolorosa, affrontata senza cedere allo sconforto, ma mettendo la musica a tutto volume.

«Mamma, affetta dall’Alzheimer, si scuoteva dal torpore, ascoltando le canzoni della sua giovinezza. Le ricordava ancora tutte a memoria», si commuove Franco Branco, ex direttore di sala del teatro di San Carlo, presidente dell’Unione musicisti e artisti italiani che, riflettendo sulla proprio esperienza personale, quando per la madre non c’è stato più nulla da fare, ha voluto tentare di dare conforto ad altri nelle stesse sue condizioni, perché potessero ritrovare, in un momento infinito, memoria e gioia. Come? Con un laboratorio di canto, “Coral...mente”, rivolto a persone con lieve-medio decadimento cognitivo, realizzato nell’ospedale Cto con il sostegno della Fondazione Banco di Napoli, la collaborazione dell’associazione Koiné, e culminato in uno straordinario concerto. Sulle note di Funiculì funiculà, ‘O sole mio, O’ surdato ‘nnamurato e un dress code in tema, con accessori e abiti in stile anni Sessanta. «Emozioni indimenticabili. Ho ripresentato il progetto, su richiesta dei parenti dei partecipanti, anche loro coinvolti nelle attività: sia nella struttura sanitaria sia a casa», dice Branco, spiegando che i caregiver con quattordici persone colpite dal declino cognitivo sono diventati volti cari e più luminosi. 
«Hanno ripreso in qualche modo a socializzare, a studiare in vista di prove ed esibizione, ritrovando uno scopo nel quotidiano; si sono finalmente ritrovati protagonisti come da ragazzi, e anche un po’ in competizione con i compagni di corso».

E questi risultati sono certificati dai neurologi coordinati da Bruno Ronga e dagli psicoterapeuti dell’azienda dei Colli, oltre che evidenti ai musicisti Giuseppe Schirone, per il coro, e Romeo Barbaro, alle percussioni e tammorre, che li hanno accompagnati nell’impresa, fino al saggio finale scandito dagli applausi di amici, figli e partner. Sorride Branco: «Un vero successo per tutti», anche clinico. 


IL RISCONTRO

«Da un punto di vista emotivo e comportamentale, abbiamo riscontrato grossi cambiamenti tra gli iscritti al laboratorio: tenevano il ritmo e intonavano alla perfezione tutte le strofe. Contenti di essere lì, la loro attenzione non calava durante l’intera ora dell’incontro settimanale» è quanto certificato dalla psicologa Luisa Pellino con la collega Sara D’Angelo.
«La musica e il coro sono diventati uno strumento di “riabilitazione” in grado di migliorarne l’umore, aumentare l’autostima e la considerazione di se stessi, favorire l’espressione e la condivisione del proprio vissuto», afferma Ronga, responsabile scientifico di “Musica e Alzheimer”, il progetto-occasione di umanizzazione nelle cure. Perché il percorso è diventato «viaggio di ri-orientamento e consolidamento delle relazioni, spesso rarefatte o addirittura inesistenti», aggiunge il neurologo del Cto, centro che accoglie sempre più assistiti. 
Già oggi, nel mondo, la demenza, di cui l’Alzheimer è la forma più diffusa, riguarda circa 55 milioni di ammalati (che saranno 132 nel 2050, con un nuovo caso ogni tre secondi). In Italia sono oltre un milione, di cui 600mila con Alzheimer, al centro di un’emergenza sociale dai costi con il tempo destinati a diventare insostenibili. Ma, soprattutto, il dramma travolge non solo chi ne è colpito, ma coniugi e conviventi, come Branco, spesso alle prese e alla ricerca di soluzioni fai-da-te per non mandare in pensione il cervello, riaccendere una speranza e tentare di prevenire o allungare lo stadio iniziale della patologia in attesa di poter contare su una terapia definitiva, anche farmacologica. 

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