Feto abortito in freezer alla Borghesiana, denunciati due infermieri: «Volevamo averlo con noi»

I medici che le hanno curato l'emorragia hanno avuto i primi sospetti

Feto abortito in freezer
di Alessia Marani
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Lunedì 1 Aprile 2024, 22:52 - Ultimo aggiornamento: 2 Aprile, 09:37

Non voleva staccarsi dalla sua creatura. Non riusciva a immaginare che quel piccolo o piccola che tanto aveva desiderato potesse finire smaltito in ospedale e chissà come. Un trauma indelebile: partorire spontaneamente in preda ai dolori nel bagno di casa, l’incubo peggiore per chi già si coccola immedesimandosi nei panni di una futura mamma. Pensare anche solo per un attimo di doversi disfare di quel feto come fosse un rifiuto ospedaliero qualsiasi, deve esserle sembrato una ulteriore violenza da infliggere a se stessa. Così insieme con il suo compagno, una infermiera romana di 44 anni, ha deciso di tenere con sé quell’esserino che cominciava ad avere le fattezze di un bimbo, conservandolo nel freezer, in cucina. 

Roma, feto congelato nel freezer dopo l'aborto alla Borghesiana: coppia italiana denunciata per occultamento cadavere

LA SCOPERTA

Quasi non volevano credere ai loro occhi gli agenti del commissariato Casilino che sabato, nel primo pomeriggio, hanno varcato l’ingresso dell’abitazione della coppia in zona Borghesiana alla periferia Est della Capitale.

Il feto, di 18 settimane e lungo 30 centimetri, era già irrigidito, sigillato lì da qualche ora. I due infermieri saranno denunciati per occultamento di cadavere. Ma andiamo per gradi.

LA PAURA

Il dramma si era consumato alle primissime luci dell’alba di sabato, giorno della vigilia di Pasqua. La donna si sente male. Accusa dolori lancinanti, le si rompono di fatto le acque. Urla, chiede aiuto al compagno che, come lei è infermiere in uno dei più grandi ospedali della Capitale, lavorano insieme. Sono disperati. Si accorgono che non c’è nemmeno il tempo per recarsi in pronto soccorso. Il parto prematuro avviene nel bagno di casa. Lui la soccorre, la aiuta a tamponare la forte emorragia, poi raccoglie il feto e lo sistema nel congelatore. Quindi corre a prendere la macchina, la porta fin sotto il portone della palazzina di mattoni rossi in cui abitano, la sostiene mentre la fa stendere sul sedile anteriore e la porta al policlinico Casilino. Sono le cinque e trenta del mattino. 

GLI ACCERTAMENTI

Qui la donna viene subito presa in cura dai medici e dagli altri infermieri. Sulle prime la coppia, però, non spiega qual è l’origine di quella evidente perdita di sangue. La signora, tuttavia, viene adagiata sulla lettiga e accompagnata nella divisione di Ginecologia. 

Non ci vuole molto ai camici bianchi per rendersi conto che la vistosa emorragia potesse dipendere da un parto molto recente. Del bambino, però, non c’era traccia, se non le condizioni post parto della donna. Motivo per cui è inevitabile avvisare, come di rito, gli operatori del posto di polizia interno all’ospedale. Dopo qualche ora, alle 13.30 i poliziotti bussano alla porta della coppia. è l’uomo a indicare agli agenti dove si trova il corpicino del bambino nato prematuramente. «Non volevamo che a occuparsi del suo smaltimento fosse l’ospedale», si giustifica farfugliando qualcosa. La vicenda ha ancora contorni poco chiari. Sul caso indaga anche la Squadra mobile, in casa la Scientifica ha provveduto ai rilievi, il feto è stato sequestrato. Il pm ha disposto che sia effettuata l’autopsia. Gli inquirenti vogliono essere sicuri che i fatti si siano realmente svolti come raccontato. «Mi sono sentita male e ho perso il mio bambino», spiega la donna ai poliziotti. 

PANICO

L’ipotesi è che la coppia colpita dal triste lutto abbia agito spinta dalla disperazione e dal panico. Il referto parla di una gravidanza interrotta alla diciottesima settimana. I feti nati morti in età gestazionale compresa tra le 20 e le 28 settimane vengono definiti “prodotti abortivi” ed è prevista la sepoltura in analogia alle parti anatomiche riconoscibili. I genitori hanno 24 ore di tempo per occuparsene personalmente, trascorse le quali la sepoltura avviene a carico della struttura ospedaliera in accordo col Comune. 

Embrioni e feti umani deceduti prima di 20 settimane di gestazione vengono definiti, invece, dalla legge “prodotti del concepimento”. I parenti (non è specificato il grado, quindi non solo i genitori) o chi per loro hanno 24 ore di tempo per scegliere di occuparsi della sepoltura trascorse le quali si entra in un campo non chiaramente normato. Insomma, la coppia in un momento di smarrimento e confusione, avrebbe pensato di gestire lo smaltimento del feto per proprio conto senza doversi affidare all’ospedale. Per entrambi è scattata la denuncia per occultamento di cadavere.

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