Un nuovo dialetto: il romano dei milanesi

Ugo Tognazzi e Vittorio Gassmann nel film "La marcia su Roma"
di Pietro Piovani
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Giovedì 7 Gennaio 2016, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 00:34
Chiedo cortesemente ai romani di insegnare ai milanesi che "sticazzi" non significa "tanta roba"
@dinolanaro


La linguista Valeria Della Valle, analizzando l'uso della parola “drento” nel romano contemporaneo, è andata a cercare qualche esempio nei testi delle canzoni. Il più recente lo ha trovato nella famosa “Le mantellate”, che recita: «ma Cristo nun ce sta drento a ste mura». Si tratta però di una canzone che ormai ha più di mezzo secolo, e che oltretutto è opera di due milanesi: Fiorenzo Carpi e Giorgio Strehler. Da molti anni ormai - come osserva la studiosa – a Roma la variante “drento” al posto di “dentro” (con l'ordine delle consonanti invertito secondo un processo fonetico che in linguistica si chiama metatesi) è praticamente scomparsa. Era di uso abituale nell'Ottocento e ancora molto diffusa nel primo Novecento, poi un po' alla volta è sparita. Sopravvive però in un dialetto tutto particolare: il romanesco parlato dai settentrionali.

Quando un piemontese o un lombardo vogliono imitarci, di sicuro prima o poi ci scappa il “drento”. Come in quella scena del film “La marcia su Roma” in cui Ugo Tognazzi prova a spacciarsi per romano sperando di farsi regalare un po' di rancio da un soldato della Capitale: dopo aver esclamato la memorabile battuta «Semo tutti romani, mannaggia a li mortecci», Tognazzi chiede di farsi passare la gavetta con il brodo di carne, aggiungendo «ce puccio er pane drento» (e Gassmann commenta: «ma parla come t'ha fatto mamma che è meglio»).

Il romanesco dei milanesi si diffonde, addirittura si evolve come una lingua autonoma. Molti hanno notato che a Milano si ascolta sempre più di frequente l'esclamazione “sticazzi”, ma con un significato totalmente distorto, cioè come sinonimo di “accidenti, ma davvero? Complimenti, sono impressionato”, praticamente il contrario di quello che intendiamo a Roma.

La regola d'oro valida sempre e per tutti è: mai parlare i dialetti degli altri.

pietro.piovani@ilmessaggero.it 
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