Ivan Graziani, il prof rivale in amore: «Quella ragazza preferì me, è diventata mia moglie»

Elso Serprentini, vicino di casa del cantautore scomparso, racconta: "A 14 anni ero già fidanzato con la mia attuale moglie. Un giorno Ivan le diede un biglietto, ma lei lo stracciò. Penso che fosse una lettera d’amore, scritta, consegnata e mai letta"

Il docente Elso Simone Serpentini. Ivan Graziani, il prof rivale in amore e quella lettera d'amore mai letta
di Agostina Delli Compagni
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Mercoledì 25 Ottobre 2023, 07:52 - Ultimo aggiornamento: 09:59

Elso Simone Serpentini, ex docente di storia e filosofia, 81 anni, oltre ad essere un appassionato scrittore di saggi e di romanzi è un cultore della poesia e della cultura dialettale e, durante la sua infanzia, abitava accanto al cantante Ivan Graziani. La sua abitazione durante la giovinezza era in zona Campo Fiera di Teramo. «Vivevo - racconta Serpentini - a cento metri di distanza dalla casa di Ivan Graziani. Io sono del 1942 e lui era del 1945. Era molto amico di mia sorella, nata il 7 ottobre e lui il 6, stesso mese e anno. Avevamo età e interessi diversi: io ero appassionato di pallone. Ogni volta che passavo sotto casa sua lo sentivo strimpellare la chitarra. Come genere musicale preferisco gli chansonniers francesi: Edith Piaf, Jacques Brel, Charles Aznavour, Georges Brassens. A 14 anni ero già fidanzato con la mia attuale moglie. Un giorno Ivan le diede un biglietto, ma lei lo stracciò. Penso che fosse una lettera d’amore, scritta, consegnata e mai letta. So che si dice che il personaggio Barbarossa nella sua canzone "Firenze" sia io, ma non lo credo».

 «Con la mia famiglia - spiega Serpentini - pur essendo nato a Teramo, ho vissuto fino all’età di 10 anni a Castelli, poi ci siamo trasferiti a Teramo. Ero il figlio del maestro, mi era proibito parlare il dialetto. Il castellano, infatti, lo scrivo bene ma non ho un’ottima pronuncia. Del teramano conosco invece sia l’arcaico che il moderno: come tutte le lingue anche il dialetto si evolve». Il dialetto è una delle sue maggiori passioni. «Non c’è nulla - sottolinea Serpentini - che sia così espressivo come un vocabolo dialettale, soprattutto quando dobbiamo esprimere la nostra sensibilità e le nostre emozioni. Esistono espressioni dialettali intraducibili perché esprimono la vera cultura del popolo. Il dialetto teramano, ad esempio, non ha il tempo futuro: "dumàne vinghe” (domani verrò). Non c’è inoltre il verbo amare: diciamo solo “je te vuje bene” (ti voglio bene). Ho studiato il dialetto teramano anche dal punto di vista fonetico, grammaticale, sintattico e morfologico. Mi incavolo quando lo vedo scritto male. Per me è come una sinfonia scritta su un pentagramma, le regole vanno rispettate».

Lo scrittore ripercorre i suoi autori preferiti e alcuni versi dialettali che porta nel cuore. «Guglielmo Cameli e Luigi Brigiotti - conclude Serpentini- sono i miei poeti dialettali preferiti. Poi c’è Alfonso Sardella. Eravamo molto amici. Il suo era il dialetto teramano del dopoguerra. Ho scritto “Sciarra il brigante”, un testo musicato da Roppoppò.
Ho tradotto Catullo e “La Mauvaise Réputation” di Georges Brassens in dialetto teramano.

Amo le contaminazioni. Ci sono dei versi ai quali sono particolarmente legato.  I primi due sono anonimi e antichi, il resto della poesia l’ho scritta io. “Je te vulasse sta cuscì vicine cuma li racchie a li ricchjìne” (vorrei starti così vicino come le orecchie con gli orecchini). Scrivo molto, qualcuno dice troppo. Sto per superare i novanta titoli. Ma io sono come su una zattera in mezzo al mare: sopravvivo perché scrivo. Per me scrivere è terapeutico».

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