Roma, interventi e visite saltati: «In attesa anche da un anno». Diecimila prestazioni arretrate

Roma, interventi rinviati: «In attesa anche da un anno»
di Camilla Mozzetti e Francesco Pacifico
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Domenica 17 Gennaio 2021, 09:57 - Ultimo aggiornamento: 10:00

Quasi 1,3 milioni tra interventi chirurgici, terapie e visite di controllo saltati. Operazioni e screening rinviati - in alcuni casi da un anno - a data da destinarsi per il Covid, che hanno finito soltanto per appesantire le liste d'attesa e per mettere a repentaglio la salute degli abitanti del Lazio. È questa, sul piano sanitario, l'altra grande eredità della pandemia: che oltre a mietere vittime soprattutto tra la popolazione anziana, ha finito anche per limitare, se non impedire, l'accesso alle cure anche a quei pazienti (non Covid), molto spesso cronici che necessitano di controlli costanti. E le cose - nonostante i tentativi della Regione di invertire la tendenza - stanno soltanto peggiorando: guardando ai soli ultimi due mesi, si sarebbero aggiunte al numero monstre di arretrati altre diecimila prestazioni, per lo più operazioni chirurgiche.

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Come riportato dalle ultime ordinanze del Lazio che ridisegnano i posti letto nelle strutture ospedaliere, sono oltre 700mila le prestazioni rinviate o non effettuate dallo scoppio della pandemia: vuoi perché nei primi sei mesi del Covid tutte le visite e gli interventi di elezione, e non urgenti, sono stati differiti; vuoi perché molti pazienti si sono tenuti ben lontani da nosocomi e studi medici per paura di contagiarsi.

Senza dimenticare che il grosso dei reparti ordinari è stato convertito alla sola assistenza dei malati di coronavirus.

I numeri 

Le ultime stime parlano, soltanto per l'attività ambulatoriale, di 258mila visite, 161mila prestazioni diagnostiche e 336mila screening da recuperare. E parliamo di terapie di mantenimento oncologico o controlli per malattie gravi come quelle cardiache. A tutto questo vanno aggiunti circa 600mila interventi chirurgici non urgenti, che spesso proprio per la mancanza di sale operatorie, sono stati differiti e mai effettuati. Patologie non gravi, che con il tempo sono soltanto destinate a peggiore.

Gli effetti di questo trend, secondo i sanitari, sono già visibili: l'Ama, la municipalizzata che gestisce anche i servizi cimiteriali, ha giustificato i ritardi nelle cremazioni proprio con il boom di decessi (in media del 50 per cento in più rispetto allo scorso anno) registrato tra ottobre e dicembre. Secondo il presidente dell'ordine dei medici, Antonio Magi, «la maggioranza di queste persone sono morte per patologie croniche e non per il Covid».


Come detto, la Regione ha messo in campo alcune misure per risalire la china: aumento delle ore da far svolgere agli specialisti, ambulatori aperti anche il sabato e la domenica, un numero dedicato al Cup per prenotare le visite non effettuate. Se non bastasse è stato dato mandato alle aziende ospedaliere di stringere accordi con cliniche per effettuare dai privati le operazioni ordinarie, mentre nei giorni scorsi sempre la Regione ha inviato ad Asl e nosocomi una raccomandazione per «equilibrare i posti letto di medicina e chirurgia». Ma i risultati - come dimostrano le 10mila prestazioni che si sono accumulati in questo ultimo periodo - tardano a vedersi. «La difficoltà - spiega Adolfo Pagnanelli, primario al pronto soccorso del Casilino - non è soltanto quella di trovare postazioni per i no Covid, ma anche di creare percorsi separati in quelle strutture e in quei reparti, come la radiologia, che per forza di cose devono essere utilizzati da tutti i pazienti».

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