Lo stallo sulla gestione di uno dei più antichi bar di Roma, il Caffè Greco di via Condotti, rischia di avere ripercussioni sugli investimenti sanitari dell'Ospedale Israelitico, diventato Covid Hospital per la pandemia nella sede alla Magliana. L'antico caffé dove si sono attovagliati, tra gli altri, Brahms, Joyce e Casanova, è di proprietà dell'ospedale, che l'ha ricevuto in eredità perché ne sfruttasse i proventi a fini assistenziali. Ecco il motivo per cui i vertici della struttura sanitaria da anni chiedono di rivedere il canone d'affitto: 18mila euro al mese per quasi 350 metri quadri in una delle vie gioiello del centro di Roma, dove in era pre-Covid per locali dello stesso taglio l'affitto ammontava a 100 o anche 150mila euro al mese. Soldi che appunto l'Ospedale investe in sanità.
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La querelle con l'attuale gestore sembrava vicina a un punto di svolta, dopo la sentenza di primo grado del 2018 che ha dato ragione all'Ospedale Israelitico, chiedendo il rilascio dei locali che, tutelati dal Mibac, naturalmente non potranno cambiare destinazione d'uso.
Per l'Ospedale Israelitico è un duro colpo, che rischia di impattare sulle spese sanitarie, anche del Covid Hospital che conta 45 posti letto. «Ci sarà una ricaduta, sicuramente - è convinto Bruno Sed, presidente dell'Ospedale Israelitico - Ogni anno che passa perdiamo oltre 1 milione di euro. Soldi che altrimenti avremmo investito nei macchinari, compresi quelli per la respirazione ventilata». Il parere dei tecnici del Ministero, prosegue, «ci sorprende, nessuno ha mai voluto cambiare destinazione d'uso allo storico caffè Greco, solo cambiare affittuario per avere un canone adeguato al mercato e investire tutti i proventi, come sempre fatto, nell'assistenza ai malati e nelle cure».