tramite collaboratori, non erano solo sistematicamente dediti alla commercializzazione di capi di abbigliamento contraffatti, ma acquistavano anche capi neutri presso commercianti di etnia cinese, per poi rivolgersi a persone di origine senegalese per l'apposizione di etichette contraffatte riproducenti nomi e marchi di note griffe della moda». La merce veniva venduta presso i mercati comunali o rionali su banchi ambulanti.
In base a quanto ricostruito dagli inquirenti l'attività illecita «era particolarmente redditizia: a fronte di una spesa
iniziale tra i 20 e i 30 euro, il capo di abbigliamento taroccato veniva venduto a un prezzo oscillante tra gli 80 e i
90 euro.
Nel corso delle investigazioni, i militari hanno fatto luce sui rapporti emersi tra i soggetti indagati e alcuni finanzieri in servizio presso Reparti della Capitale. In particolare «sono stati documentati singoli episodi in cui
gli imprenditori, colpiti da sequestri di merce contraffatta ad opera di pattuglie della Guardia di Finanza, hanno chiesto ausilio ai quattro appartenenti al Corpo oggi arrestati, promettendo e elargendo loro regalie di varia natura (un telefono cellulare, capi di abbigliamento ed accessori, cene) per cercare di »limitare i danni« ovvero venire a conoscenza di indagini a loro carico o di attività di controllo programmate», aggiunge una nota.
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