Scuole a Roma, emergenza atti vandalici. «È la rabbia dei ragazzi, vogliono più attenzioni»

L’analisi della scrittrice-insegnante: «Disagio diffuso dal Centro alla periferia»

Scuole a Roma, emergenza atti vandalici. «È la rabbia dei ragazzi, vogliono più attenzioni»
di Cecilia Lavatore
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Lunedì 23 Gennaio 2023, 07:11 - Ultimo aggiornamento: 07:12

«Lo sentite anche voi? C'è un odore strano». Suona la campanella e i 24 studenti che abitano ogni giorno le mura della seconda B spariscono in pochi istanti.
In classe resta la loro insegnante di fronte a un banco bruciato lungo i bordi con un accendino. «Mi ha tolto il telefono, io non sapevo proprio più che fare». Qualche giorno dopo, durante l'ora di Letteratura, la vicepreside porta via tre studentesse: «Dobbiamo parlare con le ragazze». M., V. e G. tornano dopo qualche minuto e non sembrano particolarmente scosse, eppure, per certo qualcosa è successo: durante la ricreazione hanno svuotato e versato a terra l'intero contenitore del sapone nel bagno fino a romperlo. «Eravamo lì e ci è sembrato divertente. Tutto qua».
In uno storico Istituto in centro l'edificio è prestigioso, rifinito ed in ordine, tuttavia di frequente non si può accendere lo schermo per proiettare le presentazioni poiché le spine vengono sapientemente manomesse, il tempo che il tecnico arrivi per risolvere il guasto e la lezione è persa. Sulle pareti affianco bisogna togliere croci celtiche e svastiche disegnate da studenti poi protetti da veli di omertà. «Ve le faremo ripitturare». «Io l'imbianchino non lo faccio, ci pensino quelli delle pulizie». Una lunga scritta con il pennarello indelebile appare sulla lavagna elettronica: «V. ma che ti è saltato in mente?». «Volevo lasciare qualcosa di mio, qualcosa di indelebile».
Queste solo alcune delle tante storie di atti vandalici che avvengono quotidianamente dentro le scuole italiane.
Il desiderio di rovinare gli spazi scolastici sembra essere diffuso trasversalmente nella popolazione giovanile, non solo nelle scuole con maggiore disagio socio-economico, ma anche nelle scuole dei ricchi dove non è raro trovare della noncuranza verso oggetti dei quali non si riconosce il valore proprio in quanto appartengono a tutti.
Lampadari presi a pallonate, sassi sui vetri delle finestre, fili elettrici tagliati, superfici incise di rabbia, mura imbrattate di sigle, tracce violente di ragazzi confusi e disorientati che forse hanno soprattutto paura di non essere ricordati. In un esubero di impronte disseminate ovunque sul web, fuggevoli come le 24 ore di una storia sui social, la veemenza di uno sfogo distruttivo può avere il sapore appagante di qualcosa di reale, tangibile e duraturo. Può diventare un'emozione, magari addirittura forte e da raccontare.
Cosa se ne farebbero altrimenti i giovani delle loro energie? Pieni di forze troppo spesso compresse dentro a routine insoddisfacenti e vuote di contenuti e di significati, cercano nelle loro bravate un modo per esprimersi con gesti di protesta. Sembrano provare un rancore generico verso la cosa pubblica intesa come una materia che purtroppo non li rappresenta né li include. Sono ragazzi contrari al rispetto della convivenza civile, ragazzi contro spesse volte senza sapere neanche bene perché. Non si riconoscono come parte attiva della comunità scolastica, la vivono con straniamento, la subiscono come una costrizione distante da loro. Eppure, la scuola resta il luogo dove è riprodotta la società in piccolo, dove si fa palestra di cittadinanza, dove si impara a diventare grandi. La scuola resta un presidio di democrazia, ma è una democrazia questa con delle norme che i ragazzi faticano a comprendere. Preferiscono piuttosto smarrirsi in forme di libertà artefatta, digitale e sconfinata che promette loro di essere unici ma soli, e perciò nel pieno diritto di agire anche a discapito degli altri. Ma cos'è che vogliono dirci? «Ho fatto una svastica in centro a Bologna ma era solo per litigare» diceva un noto ritornello di una canzone acclamata dalla critica come inno generazionale qualche anno fa. Forse lo sdoganamento di atti come questi non aiuta per nulla a segnare il confine tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

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