Dehors, nuovo regolamento comunale per i tavolini all'aperto: città divisa in tre zone con norme diverse. Ecco quali. Passo indietro rispetto all'era Covid

Il sindaco Gualtieri in controtendenza rispetto alle concessioni Covid proprogate dal Parlamento fino a dicembre 2024

Dehors, nuovo regolamento comunale per i tavolini all'aperto: città divisa in tre zone con norme diverse. Ecco quali. Passo indietro rispetto all'era Covid
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Mercoledì 15 Novembre 2023, 18:22 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 07:16

Dehors, nuovo regolamento per mettere ordine nelle zone con tavolini all'aperto: tre zone di Roma avranno norme diversificate,  stop alle pedane nelle zone di pregio del centro, arredi uniformati per dare qualità e decoro.

La giunta capitolina di Roberto Gualtieri vara un nuovo Regolamento per quelle parti dei locali proliferate in particolare con il Covid. Il Piano dovrà passare ora al vaglio dei Municipi e poi in Assemblea Capitolina per il voto finale. Un testo che arriva a valle della proroga delle concessioni Covid fino a dicembre 2024 votata dal Parlamento qualche giorno fa; proroga che vede Gualtieri nettamente contrario.

Il sindaco pensa però ora alle 'sue' regole: «La filosofia - ha spiegato - è quella dell'equilibrio che tutela le zone pregiate e favorisce le attività all'aperto con criteri più rigorosi e omogenei.

Il Regolamento vuole migliorare la qualità delle nostre strade, renderle più vive e più animate e nel contempo recuperare la tutela e il decoro di zone che hanno sofferto».

Zone che ora, secondo l'assessora al Commercio, Monica Lucarelli, sono decisamente sature: «Col Covid c'è stato un +500% rispetto all'ordinario. Con il nuovo regolamento ci sarà un passo indietro», con l'alleggerimento di rioni come Trastevere e Borgo, mentre rispetto all'assetto pre-Covid «tendenzialmente non ci sarà una riduzione della superficie concessa» ma «una maggiore omogeneizzazione e regole certe». Nel merito, la citta sarà divisa in tre zone: Suburbio, Citta Storica, e Sito Unesco, a sua volta diviso in 'tessuti urbanisticì: T1 la zona fino al medioevo, T2 la Roma rinascimentale, T3 la ristrutturazione otto-novecentesca e così via. Per determinare gli spazi esterni concedibili sarà conteggiato non solo lo spazio di somministrazione ma anche la cucina o i servizi ha spiegato Lucarelli.

Per il Suburbio si potrà concedere fino al totale della superficie di riferimento, nella Citta Storica fino ai due terzi. Per il sito Unesco: da T1 a T3 non più di un terzo, da T4 fino alla metà. Se l'80% dei locali che insistono sulla stessa strada o piazza presentano un progetto unitario, allora scatterà - previo parere della Soprintendenza - un bonus del 20% sulla superficie. Torna poi in vigore il 'catalogo degli arredì a cui si aggiunge la cosiddetta 'griglia di riferimentò con colori, dimensioni e materiali di tavolini e ombrelloni. Rispettarli sarà obbligatorio ma se l'esercente sceglie dal catalogo il parere della Soprintendenza non serve; se si usa la griglia il parere diventa obbligatorio.

Il nuovo Regolamento, che va a sostituire i Piani di massima occupabilità municipali, prevede inoltre che la Osp sia perimetrata a terra con degli angoli dipinti per rendere più semplici i controlli. Bisognerà esporre all'esterno la piantina della concessione e ci sarà l'obbligo di relazione tecnica asseverata: non basterà più la Scia, come ai tempi del Covid. Per gli hotel sarà possibile la richiesta di concessione di Osp, ma solo per chi ha un suo ristorante a piano terra. Le pedane sono previste solo dove il marciapiede non ha ampiezza sufficiente per i tavolini, e in nessun caso in zona Unesco.

Si potrà però più in là, come Esquilino, Monti Alta o Castro Pretorio, cioè dove «le pedane all'aperto, creando vita e movimento, hanno una funzione di sicurezza», e al massimo per l'equivalente di due 'stallì; nella Citta Storica e nel Suburbio fino a tre stalli (uno stallo sono circa 12,5 mq). Rispetto ai tempi: chi oggi ha la concessione Covid potrà presentare domanda di occupazione di suolo pubblico entro dicembre 2024, cioè fino alla fine della proroga concessa dal governo. Chi invece ha la concessione ordinaria ha 18 mesi di tempo per adeguarsi, a partire dal voto in Assemblea Capitolina.

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