Colonello pedofilo, chiesti 10 anni per l'ex militare. «Abusò dei figli degli amici»

Il dolore di un ragazzo riversato nei testi delle canzoni: «Non auguro a nessuno ciò che ho subito»

«Abusò dei figli degli amici», chiesti 10 anni per l'ex militare: avrebbe approfittato della fiducia dei genitori
di Giulio Pinco Caracciolo
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Sabato 21 Ottobre 2023, 00:49

Una pena di 10 anni di carcere per molestie su minori è stata richiesta dal pm per P.N.G., 55enne romano, ex colonnello dell’Esercito a processo per aver abusato di tre ragazzini approfittando del rapporto di fiducia instaurato con i genitori. Single da sempre, solitario, appassionato di auto, apparentemente integerrimo, si faceva chiamare “zio” dai figli dei suoi amici d’infanzia. Amici che mai avrebbero pensato di affidare i ragazzi a quello che poi si è rivelato essere il loro aguzzino. «Eccolo, che schifo», esclama in aula la mamma di una delle vittime, all’epoca dei fatti 14enne, il primo dei tre amichetti ad essere molestato durante una gita in auto ad Olbia a bordo dell’Alfetta dell’imputato. Caduti nella stessa rete di atti osceni anche altri tre giovanissimi costretti a subire in silenzio fino a quando non hanno trovato la forza e il coraggio di raccontare tutto ai genitori. 

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I PALPEGGIAMENTI

Mani sotto la maglietta per toccare i pettorali, dentro il costume, apprezzamenti verbali fino alla masturbazione.

Un orrore perpetrato nel tempo che ha segnato pesantemente l’equilibrio psicologico delle vittime. Le parti civili hanno chiesto in aula un risarcimento economico di 200mila euro e una provvisionale di 50mila a fronte dei 13.700 euro di spese psicoterapeutiche affrontate in questi anni per cercare di superare il terribile trauma subito dal primo dei ragazzini ad essere stato molestato, quello che tramite la denuncia dei genitori ha dato il via alle indagini. «A 13 anni si inizia a costruire l’identità personale di un individuo, è un periodo particolarmente delicato. Difficile riuscire ad elaborare un trauma del genere - racconta in aula l’avvocato delle parti civili - Nonostante un percorso di terapia di due anni, la situazione è difficile perché l’incursione dell’imputato nella vita di questi giovani ha distrutto tutto; valori e identità». 

LE CANZONI DI DENUNCIA

Il ragazzino, oggi 17enne, esprime tutto il malessere che cova attraverso i testi delle sue canzoni. Ne leggono alcuni passaggi in aula proprio i legali: «Non auguro a nessuno quello che è successo a me. Dovrei essere spensierato ma non ci riesco, non trapelo emozioni e l’unica certezza è il vuoto che permane». Più che un vuoto è una voragine quella nel cuore e nello spirito delle vittime, amici e compagni dello stesso terribile destino. Si vergognavano a raccontare esplicitamente quelle morbose attenzioni ricevute dall’amico dei genitori, quelle carezze inopportune. Uno di loro in particolare, dopo alcuni giochi in acqua durante una vacanza in un residence in Sardegna, aveva provato ad avvisare la madre utilizzando per primo un termine forte per definire l’imputato: «Il signor P. è un pedofilo, mette le mani dove non dovrebbe metterle». Varie le tecniche subdole per compiere abusi come «l’accertamento della crescita» o la «strofinata alla romana fuori dai pantaloni», una scusa, secondo gli inquirenti, per poter toccare ovunque le giovani vittime. I ragazzini non sanno come comportarsi e allora decidono di allontanarsi dall’uomo declinando i suoi inviti, in primis quello alla “Stelvio Cup” il raduno annuale di Alfa Romeo al quale l’imputato era solito partecipare ogni anno.

IL MEA CULPA

«Mi prendo la responsabilità di quello che ho fatto. Nel mio percorso di vita ho combattuto una certa inclinazione che non ero capace a gestire, ora con l’aiuto del carcere e degli psicologi ci sto provando», ha detto in aula l’imputato. Una versione che non convince affatto gli avvocati delle famiglie che raccontano di un profilo psicologico perverso, addirittura in peggioramento: «Le lettere che ha scritto dal carcere denotano solo una salvaguardia del rapporto con i genitori delle vittime, suoi amici. Non si è pentito per quello che ha fatto, non gli interessa di come stanno i ragazzini adesso, anzi continua ad addossare a loro la colpa per quello che è successo. Inoltre l’ex colonnello – proseguono gli avvocati – era già stato condannato nel 2006 per una vicenda di prostituzione con un ragazzino rom».

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