Non il grande criminale ma neanche il piccolo spacciatore. Un uomo nel "mezzo", lo racconta il suo passato quando per un debito di droga sferrò tre coltellate al petto di un 31enne che si salvò per miracolo. Ma il vero "salto" non l'ha mai fatto: è rimasto nelle retrovie e per chi non riesce a raggiungere la prima fila i proiettili - solitamente - si fermano sotto al bacino.
Il suo nome ce l'ha tatuato sul sopracciglio destro: Mirko. Ed è la nuova vittima di una gambizzazione avvenuta a Don Bosco sabato sera poco prima delle 22. Una fra le tante, una tra le ultime che rimarca ancora una volta l'effervescenza, chiamiamola così, di una situazione dove il "minus" criminale è lasciato libero di agire. Difficile per la polizia rimettere insieme i tasselli dell'ultimo agguato. E non solo di questo. C'è ancora da capire, ad esempio, chi e perché il 13 marzo sempre nel quadrante sud-est di Roma ha tirato giù un caricatore contro Luigi Finizio, cugino di Girolamo imparentato a sua volta con Michele Senese. Da allora gli episodi non sono mancati ma legarli fra loro equivarrebbe a una semplificazione. E quello che sta accadendo nella Capitale è tutt'altro che semplice benché di mezzo e in mezzo ci sia la droga che arriva e scorre a fiumi come pure ha denunciato pubblicamente il Questore.
LA DINAMICA
E allora torniamo a sabato sera quando Mirko Giuliani, pregiudicato, classe 1978, sta camminando in via Chiovenda.
L'uomo tre anni fa ha finito di scontare la condanna a cinque anni per tentato omicidio, beneficiando della riduzione della pena in ragione del rito abbreviato. Era il maggio 2014 quando a Soriano nel Cimino, Giuliani colpì quasi a morte un 31enne colpevole di aver maturato con lui un debito che, si accerterà dopo, era da ricondurre alla droga. Fu arrestato subito dai carabinieri mentre con il coltello usato nell'agguato che teneva in tasca stava provando a fuggire a bordo di un bus. Giuliani patteggiò la pena, fu condannato e il suo conto lo ha finito di pagare meno di tre anni fa. Da allora ha lasciato la piccola località nel viterbese e si è trasferito a Roma. Alle spalle si lascia anche precedenti per maltrattamenti in famiglia. Nella Capitale ritrova probabilmente degli "affetti" dal momento che sembrerebbe legato a un criminale di livello intermedio finito al centro di un'operazione sugli affari illeciti che imperversavano ad Ostia e che erano controllati da quel gruppo un tempo capitanato da tale "tartaruga", al secolo Salvatore Sibio.
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