Roma, all’Istituto Comprensivo “Orsa Maggiore” largo al modello Dada: il nuovo metodo che rivoluziona l’apprendimento. Ecco come funziona

Aule concepite non più come spazi omologati e sempre uguali, ma completamente trasformate. Corridoi colorati, armadietti e studenti sempre in movimento. Preside Ida Romano: “L’alunno al centro del percorso di crescita”

L'Isituto Comprensivo "Orsa Maggiore", al Torrino
di Alessia Perreca
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Giovedì 14 Settembre 2023, 12:00

In tanti l’hanno definita una vera e propria rivoluzione che ricorda molto le high school americane dove sono i ragazzi a spostarsi da un’aula all’altra senza però prima aver fatto tappa davanti ai locker, gli armadietti, dove sono soliti lasciare i loro libri per prenderne altri e spostarsi successivamente in un’altra classe, pronti per una nuova lezione. Aule del tutto trasformate e personalizzate. Non sono le immagini di film o serie tv a cui siamo abituati ( soprattutto i giovanissimi, ndr), ma una realtà che è approdata, in Italia, nel lontano 2014, in due istituti romani, i licei Scientifici Statali “J.K. Kenney” e “A. Labriola”. Il metodo Dada, acronimo di Didattiche per ambienti di apprendimento, rappresenta una visione di scuola alternativa. A Roma, nel quartiere Torrino, l’Istituto Comprensivo “Orsa Maggiore” ha sperimentato - ufficialmente - già dallo scorso anno, il Dada insieme al progetto Cambridge, diventando a tutti gli effetti un punto di riferimento importante su tutto il territorio. Un progetto che nasce sicuramente per gli allievi delle scuole superiori, ma all’I.T.C. “Orsa Maggiore” hanno voluto adottare questo metodo anche per altre fasce d’età: dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado. «Un grande atto di fiducia per i nostri ragazzi con risultati sorprendenti», ha dichiarato al Messaggero Ida Romano, Dirigente dell’Istituto. 

 

Il Metodo Dada nelle scuole. Ecco come funziona

Aule intese non più come spazi omologati e sempre uguali, ma completamente rivoluzionate e meno asettiche rispetto al passato. Corridoi colorati e spazi arredati sulla base delle diverse discipline d’insegnamento. Studenti sempre di più in movimento e che non hanno più la classe di riferimento, ma si spostano ad ogni cambio d’ora per raggiungere il loro docente diventando così sempre più indipendenti nella gestione del tempo e del materiale. Nel 2014, al Liceo Labriola di Ostia e al J.K. Kennedy ( nel quartiere Monteverde, ndr) venne avviata la prima sperimentazione del metodo Dada tra lo stupore dei professori e qualche titubanza da parte delle famiglie. Un progetto a cui si sono avvicinate negli anni tantissime scuole italiane, di ogni ordine e grado e sono circa 20 sono gli istituti che l’hanno già avviato. I primi effetti della sperimentazione hanno rilevato buoni risultati: studenti responsabili e più autonomi. A Roma, nel quartiere Torrino, l’I.T.C. “Orsa Maggiore” ha sperimentato il metodo per la fascia d’età dai tre ai tredici anni. «Ho assunto l’incarico presso l’Istituto nell’anno 2019 ( anno scolastico 2019/2020, ndr) e i docenti accolsero con entusiasmo questa grande sfida - spiega al Messaggero, Ida Romano, Dirigente Scolastica dell’I.T.C. - ma l’arrivo del Covid ci ha costretti ad interrompere la sperimentazione». «Dallo scorso anno - prosegue - abbiamo avviato il Dada per i nostri allievi ( infanzia, primaria ed istituto secondario di primo grado, ndr) con tanti risultati sorprendenti». 

Come è stato accolto il Metodo Dada dalle famiglie e allievi?

«Con grandissimo entusiasmo», afferma Ida Romano. «Avevo avuto un’esperienza personale per quanto concerne il Dada e l’ho mostrata agli altri professori nel corso del collegio dei docenti illustrando le possibilità offerte dal nuovo metodo.

Gli stessi insegnanti si sono effettivamente resi conto delle immense potenzialità e, una volta proposto alle famiglie,  messo in pratica con gli stessi allievi, è diventato un punto di riferimento fondamentale nella nostra scuola. 

Un esempio pratico: lo scorso anno i nostri ragazzi hanno fatto un compito di realtà guidati da una docente ( un’attività in cui viene chiesto allo studente di risolvere una situazione problematica, nuova e complessa, ma molto vicina al contesto reale attraverso le conoscenze già acquisite da applicare con fantasia, ndr). Gli studenti hanno voluto scrivermi una lettera facendo una rappresentazione di ciò che piaceva loro all’interno della scuola, con tanto di ringraziamenti per il nuovo metodo Dada che ha tuttavia costituito un grande cambiamento, dove il movimento è la punta dell’iceberg».

Quali sono i benefici produce?

«I ragazzi hanno la possibilità di apprendere in qualsiasi luogo. Il cuore di questo nuovo metodo è la possibilità di scardinare l’aula intesa come unico posto di apprendimento. Con il Dada si apprende in qualsiasi posto ci si trovi. Muovendosi, da un’aula all’altra, i ragazzi assimilano non solamente le singole materie, ma diventano responsabili, attivi, indipendenti all’interno dell’Istituto. E’ psicologicamente dimostrato che il movimento - andare verso una materia - aumenta il desiderio di imparare, ma non è tutto. Nel metodo Dada si capovolge il concetto di didattica: mettere il ragazzo al centro del percorso di crescita e sensibilizzarlo. Non trasmettere, quindi, solamente la lezione, ma coinvolgere l’alunno nel processo di trasformazione. Anche gli stessi docenti si sono fortemente impegnati in attività di formazione personale: quindi didattica rovesciata, Filipped Classroom e Peer Tutoring. Quello che però conta per noi è mettere in evidenza che trattasi, sì di un modello Dada, ma applicato a una fascia età dei piccoli ( dai 3 ai 13 anni, ndr). Una grande novità per il nostro Istituto ed una grande prova di fiducia per i nostri allievi, non scontata, ma che ci ha dato risultati sorprendenti».

Dada è efficace anche per un allievo con disabilità?

«E’ un metodo attraverso il quale si sviluppa il senso di supporto reciproco del gruppo classe: abbiamo visto che i bambini imparavano ad avere cura degli altri. Quando, ad esempio, ci si sposta da una classe all’altra si creano meccanismi di autogestione e responsabilità per cui nessuno viene mai lasciato indietro. E’ un un momento di crescita dell’intera classe, intesa come capacità di accoglienza e supporto reciproco oltre alla didattica. Nuove metodologie che stiamo mettendo in atto e dove esiste una forte  propensione all’inclusione di tutti. I ragazzi diventano i protagonisti e l’inclusione è la chiave di questo processo».

Come sono state allestite le Aule Dada?

«Il metodo Dada vede un ruolo importante assegnato ai colori. Ed è fondamentale perché aiuta gli alunni a sapersi orientare. Abbiamo suddiviso la scuola per settori colorati e abbiamo cercato di associare ogni disciplina ad un colore. L’impatto emotivo che genera una tonalità dall’altra offre un contributo importante per il processo d’apprendimento. Aula colorate, accoglienti, dove si libera lo spazio alla creatività e alla fantasia. In primaria, ad esempio, i bambini, iniziano la lezione con l’appello emotivo: «Come ti senti oggi?», anziché il classico «Presente». L’emozione è al centro di tutto: in classe svolgono un’attività di rappresentazione delle emozioni. Hanno alcuni cartellini che posizionano sugli stati d’animi provati in un determinato momento. C’è un angolo dedicato all’abbraccio e i banchi non sono più disposti in posizione frontale, ma ad isole. In sostanza, non più luoghi statici, ma spazi dove si convive e condivide, come lo è la nostra biblioteca diffusa. Siamo una scuola pubblica e abbiamo creato questo tipo di offerta formativa grazie ad una buona gestione dei fondi pubblici e cerchiamo di investirli proprio per migliorare l’aspetto sociale». 

Come cambiano le competenze e il metodo di valutazione con il modello Dada?

«Cambiano moltissimo perché non stiamo valutando i risultati raggiunti da un punto di vista numerico e nozionistico. Una valutazione formativa che comprenda lo sviluppo di altre competenze: il saper essere dentro le situazioni, risolvere le problematiche, ed essere in grado di sviluppare una propria coscienza critica. Non sola la lezione ripetuta mnemonicamente, ma una crescita personale del ragazzo. E questo metodo ce lo permette».

Quale sarà il futuro della scuola?

«E’ un momento di grandi opportunità. Anche i fondi dati dal Pnrr sono soldi che, se gestiti bene, possono dare un possibilità alla scuola italiana di fare un salto di qualità. C’è tanta voglia da parte dei docenti di vedere finalmente delle grandi opportunità di crescita e, dall’altra, le aspettative da parte delle famiglie. Potrei definirlo un futuro sicuramente positivo dove vogliamo regalare ai nostri ragazzi la possibilità di essere curiosi e con una mente aperta». 

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