LA GARA
L'affare della camera mortuaria era emerso proprio dalle intercettazioni sui traffici nelle piazze di San Basilio. A garantire al direttore generale il pagamento di tangenti, la cui entità ed incasso non sono mai state riscontrati, secondo i pm Colaiocco, Cardia e Sargenti, sarebbero stati i Taffo imbeccati sulla possibilità di vincere la gara con mezzi illeciti da Daniela Chimenti, un'impiegata della società di pulizie in servizio all'ospedale e moglie di Guerino Primavera, un personaggio un po' sfarzoso di San Basilio in quel periodo sospettato di gestire un giro di usura, mentre i figli Fabrizio e Daniele appunto - si occupavano di droga. Il caso viene scoperchiato nell'estate 2015 con una retata di arresti. Bianconi e i Taffo finiscono ai domiciliari, mentre i Primavera, dopo un periodo di latitanza, in carcere. «Stiamo in una botte di ferro. L'appalto si chiude al 99,9 per cento». La mente dell'assegnazione pilotata della camera mortuaria sarebbe stata proprio la moglie del capo di San Basilio.
LA RICOMPENSA
Venuta a conoscenza della gara ancora da indire, aveva avvertito subito il marito che a sua volta aveva informato della possibilità di accaparrare l'appalto Giustino Taffo. Mancava solo l'aggancio giusto. E allora l'addetta alle pulizie aveva attivato una collega e suo marito, l'imprenditore edile Fabrizio Coppola, ammanicato coi piani alti, in particolare con il dg Bianconi. L'appalto, aggiudicato nel 2014 (e poi sospeso), era un piatto ricco. Nella misura cautelare si parla di una «lauta ricompensa» finita nelle tasche del direttore, una bustarella non quantificata, però. Daniela Chimenti, l'addetta alle pulizie, per quantificare la portata dell'affare, faceva i conti al telefono con l'amica: «Effettua la media di cinquecento decessi all'anno a tremila a funerale; fa un milione e mezzo di euro».
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