Roma, l'arrivo di Pinto dà il via al gioco delle alleanze

Roma, l'arrivo di Pinto dà il via al gioco delle alleanze
di Stefano Carina
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Venerdì 20 Novembre 2020, 07:20

In patria c’è chi lo definisce «encantador». Ossia seduttore, ammaliatore. In effetti Tiago Pinto deve avere realmente qualcosa di particolare. Altrimenti il Benfica non lo avrebbe assunto a 28 anni, a seguito di un paio d’interventi nell’assemblea dei soci riguardanti il rafforzamento del club. E quel quid in più deve averlo percepito anche Vertonghen la scorsa estate. Libero a parametro zero, finito nel mirino della Roma e di altre big europee, il difensore sceglie invece la società portoghese. Il motivo? Ça va sans dire: «Non ero minimamente convinto di accettare. Poi però, ho parlato con Tiago Pinto e dentro di me ho sentito un click. Gli sono bastati 45 minuti per convincermi». Probabilmente lo stesso click che deve aver indotto Dan Friedkin ad affidargli la direzione generale dell’intera area sportiva giallorossa. 
SCELTE DIVERSE 
Pinto è un nome a sorpresa. Non soltanto per i media e i tifosi. Ma anche per la maggior parte degli addetti ai lavori che si rapportano quotidianamente con Trigoria. Agenti, intermediari, in alcuni casi anche direttori sportivi che frequentano la serie A, interpellati nella giornata di ieri, hanno confidato off record di non aver avuto mai modo di interfacciarsi con il nuovo dg romanista. Un’anomalia o forse no, visto che il volto scelto dal Benfica da mostrare nelle trattative era e rimane l’ex viola Rui Costa, che all’interno del club lusitano ricopre la carica di ds. Incarico che da quando nel 2017 Pinto ha iniziato ad occuparsi meramente di calcio, non ha mai esercitato. Ed è proprio per questo motivo che la Roma lo ha presentato come dg: essendo sprovvisto della qualifica, era l’unico modo per tesserarlo (e dargli subito forza) in attesa del corso che dovrà svolgere a Coverciano. Inevitabilmente il suo arrivo cambierà alcuni equilibri, interni ed esterni. Non è un mistero che negli ultimi anni la Roma, oltre ad avvalersi della collaborazione di due agenti molto vicini al Ceo Fienga, si sia appoggiata spesso e volentieri a Raiola.

Un crescendo rossiniano che ha il suo inizio un anno e mezzo fa con la procura di Manolas, ceduto poi al Napoli, e ha trovato il suo seguito con il via libera allo scambio tra Luca Pellegrini e Spinazzola, vitale in quel contesto storico per alleggerire il passivo di bilancio della società. Ma non finisce qui. Perché Mino nella Roma controlla attualmente Kluivert, Mkhitaryan, Calafiori e Karsdorp (anche se non ufficialmente) e sia quando arrivò nella Capitale che adesso che è in prestito al Leicester, c’è sempre la sua regia nei trasferimenti di Under. Pinto invece chiama Mendes. Basta andare a vedere l’influenza della GestiFute, società di procure calcistiche, nelle operazioni in entrata e uscita del Benfica dove direttamente o indirettamente c’è sempre lo zampino del potente manager portoghese. Inevitabile che un legame così solido, costruito nei tre anni di direzione a Lisbona, Pinto lo manterrà e trasferirà anche a Trigoria. E in questo contesto, appare difficile all’orizzonte una convivenza - seppur esterna - tra Mendes e Raiola. Dinamiche che saranno più chiare nei prossimi mesi. Quello che appare certo è che l’addio di Pinto al Benfica è stato mal digerito dall’ambiente lusitano. L’ex tecnico Rui Vitoria, ora all’Al Nasr, ha parlato apertamente di «una gravissima perdita. Lui facilita la vita di un allenatore, anticipa gli scenari. Sarà uno dei grandi dirigenti del calcio mondiale». Se lo augurano i Friedkin, attesi domenica all’Olimpico per Roma-Parma. Non ci sarà invece Dzeko, risultato anche ieri positivo al tampone. Continuano intanto i rinnovi nella Primavera: ieri è stato il turno di Providence (sino al 2024). 

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