Rifiuti a Roma, la beffa degli impianti inutilizzati

Rifiuti a Roma, la beffa degli impianti inutilizzati
di Alessia Marani
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Giovedì 11 Gennaio 2018, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 14:35


Il paradosso? Che nel Lazio gli impianti per il trattamento dell'indifferenziata prodotta dalla Capitale ci sono e potrebbero sopperire all'intero fabbisogno senza bussare fuori regione. Alcuni, vedi Guidonia Montecelio, sono alle porte, appena più in là del confine comunale. Il Tmb (impianto per il trattamento meccanico biologico) dell'Inviolata è stato appena autorizzato, deve fare alcune prove tecniche e presto potrebbe funzionare a pieno regime per una capacità di lavorazione di 190mila tonnellate all'anno. Anche se il sindaco pentastellato Michel Barbet eletto a giugno in campagna elettorale è stato molto chiaro: «Non prenderemo un grammo dei rifiuti di Roma». Non solo. È di due giorni fa il nuovo accordo stipulato con la Rida Ambiente in località Sacida, ad Aprilia. Il precedente per 70mila tonnellate all'anno era scaduto il 31 dicembre. «Quest'anno il quantitativo è stato ridotto, scendiamo a 40mila l'anno - spiega il patron di Rida Fabio Altissimi - di fatto impieghiamo per Ama appena l'8 per cento della nostra capacità complessiva che è di 410mila tonnellate annue. Se la municipalizzata romana ci chiedesse ulteriore disponibilità saremmo pronti». Rispetto all'accordo con l'Emilia ci sarebbe un risparmio: 130 euro a tonnellata anziché 230, 185 più 50 di costo di trasporto. Ma non basta.

I sindaci del Basso Lazio ieri hanno fatto sapere che nelle riunioni di domani in cui la Saf, la Società ambiente Frosinone, sarà chiamata a decidere se e in quale misura continuare ad aiutare Roma, opporranno il loro secco «no» all'immondizia proveniente da qualsiasi altra provincia e il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, ha ribadito che «il ciclo chiuso dei rifiuti impone il trattamento dell'intera filiera all'interno del singolo ambito territoriale». Nella migliore delle ipotesi per Roma si prospetta quantomeno un aumento del prezzo della tariffa di conferimento, finora attestato su 101 euro a tonnellata, tra i più bassi in Italia. Colfelice è autorizzato per ricevere fino a 327mila tonnellate di indifferenziata all'anno, ma ne lavora appena tra le 80-90mila, senza proporzione di economicità per l'impianto. L'emergenza rifiuti si gioca sul filo della diplomazia politica. Tutti gli amministratori temono di essere tacciati per coloro che trasformano il proprio territorio in una «pattumiera».

NOTE DOLENTI
Rispetto al piano di gestione dei rifiuti datato 2012, nel Lazio è venuto meno il Tmb di Cecchina, ad Albano Laziale, distrutto da un incendio nel giugno del 2016; mentre è tornato operativo quello di Viterbo, anch'esso messo temporaneamente in ginocchio da un altro misterioso rogo nel giugno del 2017. I dieci comuni che conferivano ad Albano ora portano i loro rifiuti ad Aprilia. Nota dolente sono le discariche. Una volta lavorato, il rifiuto indifferenziato produce in parte cdr (combustibile destinato ai termovalorizzatori) e in parte il cosiddetto residuo da interramento. Prendiamo l'impianto di Colfelice: se prendesse più rifiuti da Roma e trasferisse tutto il residuo relativo nella vicina discarica di Rocca Secca la riempirebbe in breve, causando una nuova emergenza per Frosinone. Al momento i residui romani vengono smistati tra l'Emilia, la Lombardia, la Puglia, l'Umbria, il Molise e la Toscana o direttamente (dai tmb Ama di Rocca Cencia e Salaria, o indirettamente). Le tre discariche del Lazio si trovano, appunto, a Rocca Secca, ad Albano e a Civitavecchia, altra cittadina pentastellata dove però Ama non conferisce. Mentre la società Paguro, rinconducibile sempre ad Altissimi, avrebbe già presentato un progetto per la costruzione di una discarica da un milione di tonnellate sempre ad Aprilia, in località La Cogna.

alessia.marani@ilmessaggero.it
 

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