Roma in mano alle cosche: allarme della Banca d'Italia

Roma in mano alle cosche: allarme della Banca d'Italia
di Elena Panarella
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Giovedì 14 Novembre 2013, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 18:59

Roma citt aperta alle grandi mafie. Sempre più snodo per il riciclaggio di denaro sporco: le organizzazioni criminali (soprattutto ’ndrangheta e camorra) acquisiscono, a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali nei quali impiegano ingenti risorse economiche provenienti da attività illecite. In questo modo si procurano fonti di reddito importanti e apparentemente regolari. Una criminalità organizzata che non ama fare rumore, per non attirare troppo l’attenzione.

In tutto il Lazio ormai i clan campani e calabresi hanno creato le loro aree di potere. Ma a Roma non comandano loro. Perché, spiegano gli investigatori, nella Capitale le cosche si sarebbero date un patto di «governo del territorio», lasciando gli affari sporchi e più violenti ad un altro livello di criminalità che ha per protagonisti gli eredi della Banda della Magliana, i reduci delle faide di camorra degli anni Ottanta, e i clan nomadi attivi nel tessuto urbano da decenni.

L’OSSERVATORIO

«La situazione della criminalità romana resta invariata, è aumentata però la capacità delle cosche Alvaro-Gallico di investire quantità gigantesche di soldi», spiega senza troppi giri di parole, il nuovo presidente dell’Osservatorio per la sicurezza e la legalità della Regione, Giampiero Cioffredi. «I numeri parlano chiaro: se fino al 2012 le segnalazioni sospette arrivate alla Banca d’Italia si aggiravano attorno alle 2.200, nei primi tre mesi del 2013, la crescita è stata davvero esponenziale e sono schizzate a 7.800 segnalazioni - continua Cioffredi - Dubbi investimenti che danno il senso reale che Roma è diventata ormai la prima stazione di riciclaggio delle mafie e in particolare il radicamento della ’ndrangheta». Più in dettaglio, sono presenti sul nostro territorio personaggi riconducibili ad alcune note “famiglie” calabresi, che hanno concentrato i loro interessi nel tessuto socio-economico della Capitale tramite la costituzione di società fittizie aventi per oggetto la gestione di bar, paninoteche, pasticcerie e ristoranti. Nell’arco di pochi anni si sono trasformati da piccoli artigiani locali ad imprenditori di primissimo livello, hanno reinvestito ingenti capitali, verosimilmente provenienti da traffici di droga attuati sull’asse Germania-Italia, comprando esercizi di ristorazione soprattutto nel centro di Roma. «Da mesi, però, è iniziato un nuovo corso - conclude il presidente dell’Osservatorio per la sicurezza - Dopo la nomina del procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, c’è stata l’impostazione di un nuovo modello che sta portando risultati eccellenti». E se quasi tutte le attività illecite si tengono insieme, dal riciclaggio alla corruzione fino alle frodi fiscali. L’affare più grosso resta la droga, «si affidano a piccole bande che si spartiscono il territorio e, infatti - precisa - gli ultimi omicidi nella capitale sono avvenuti per lo più per motivi di droga».

IL TERRITORIO

La mappa stilata dall’Osservatorio tecnico scientifico per la sicurezza della Regione non lascia dubbi. La Capitale è divisa in zone di controllo e potere. Si comincia dall’area più a nord sotto l’egida della ’ndrangheta calabrese. Cinque ’ndrine per gestire il territorio: quella dei Morabito, Bruzzaniti, Palamara, Speranza e Scriva. A gestire l’area di San Basilio, invece, sarebbe la ’ndrina Sergi-Marando. I quartieri di Tor Bella Monaca e la Romanina, secondo l’Osservatorio, sono controllati dalla criminalità locale: clan Alvaro e Casamonica. E ancora i Casamonica eserciterebbero la propria influenza nella zona Appio Tuscolano e Anagnina. Ciampino e Centocelle, invece, sono in mano alla camorra: clan Senese. A Ostia poi a gestire gli affari sarebbe la vecchia criminalità locale, in accordo con i clan siciliani e campani. Componenti dell’ex banda della Magliana si sarebbero alleati con i Fasciani, i Cuntrera-Capuana, con il clan Triassi e ancora con i Senese. Una cosa è certa: la presenza di appartenenti alle cosche mafiose, risale all’insediamento di alcuni noti esponenti delle consorterie criminali negli anni ’80 nel territorio laziale.

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